Vincenzo Gemito - Scugnizzo

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Vincenzo Gemito
(Napoli 1852 – 1929)

Scugnizzo

Matita nera e gessetto bianco su carta marrone, mm. 495 x 346

Firmato a matita nera, in basso a destra: V. Gemito

Dal volto assorto, incorniciato dai lunghi capelli scomposti, questo scugnizzo sembra posare controvoglia come per una istantanea, distolto da altre occupazioni. La rotazione di quarantacinque gradi imposta al suo capo non interessa infatti le spalle, che presentano una attaccatura del braccio priva di scorcio e della dovuta distanza rispetto al collo.
Questi dettagli, uniti alle forti ombreggiature a matita nera e gessetto bianco, stese con un tratto fitto e parallelo, inducono a collocare il foglio nel momento giovanile dell’attivitĂ  dello scultore, antecedente l’inizio del nono decennio dell’Ottocento, quando all’intento di presa diretta sulla realtĂ  si coniuga una elaborazione delle forme filtrata dalla conoscenza di altri modelli. La frequentazione della statuaria antica e seicentesca – dal gruppo delle Niobidi alle opere di Bernini – si associò infatti all’interesse per altre espressioni figurative, come dimostra uno studio realizzato da Gemito nel 1915 dalBacchino malato di Caravaggio della Galleria Borghese (Maltese 1956). Nonostante si intensifichi, con gli anni, la capacitĂ  di oltrepassare lo studio del “vero”, la produzione grafica di Gemito dovrebbe essere considerata indipendentemente dalla soluzione di continuitĂ  imposta dalle sue vicende esistenziali (Roma 1982, p.9).

Dopo l’apprendistato nello studio di Emanuele Caggiano, dove era entrato a soli nove anni insieme ad Antonio Mancini, Vincenzo Gemito ricevette una prima formazione presso Stanislao Lista, e quindi entrò all’Istituto di Belle Arti di Napoli nel 1864. Si recò a Roma nel 1872, dove trascorse quattro anni di pensionato, prima di raggiungere Parigi nel 1877. Qui prese parte aiSalons (1877, 1880, 1882) e a tre Esposizioni Universali, ottenendo anche il Grand Prix de Sculpture (1889 e 1900). Frattanto, forse a seguito delle commissioni non ultimate per il re Umberto I (Carlo V e trionfo da tavola per Palazzo Reale), egli si isolò per quasi un ventennio (1886-1904), distruggendo la maggior parte dei disegni realizzati in quel lungo periodo.

Chiara Stefani

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