Tommaso Minardi
(Faenza 1787- Roma 1871)
Effetto di un temporale con caduta di un fulmine
Matita, penna, inchiostro grigio e bruno acquarellati, biacca, su di un foglio controfondato su altro, giuntato, di carta avorio, mm. 354 x 592
Iscrizione autografa sul verso a matita:Â Effetto di temporale con caduta di fulmine
Timbrato sul recto e sul verso:Â Vendita Collezione Luigi Salerno e Tommaso Minardi n. 65
Minardi privilegiò nella sua produzione il mezzo grafico a quello pittorico. Il suo vastissimo corpus disegnativo registra, nell’eccezionale varietà dei motivi e degli indirizzi formali, i mutamenti del gusto e le suggestioni culturali che si riverberarono su Roma, polo internazionale dell’arte anche dopo la Restaurazione, dal periodo napoleonico all’Unità d’Italia. L’ampia gamma dei soggetti affrontati, dal sublime ossianico alla pittura religiosa, nel campo della quale divenne il caposcuola, con lo scultore Pietro Tenerani, del Purismo, trovò riscontro nell’eclettico ricorso alle diverse fonti figurative che la sua complessa cultura visiva sapeva di volta in volta suggerirgli (cfr. Susinno 1982, pp.XIII e ss.).
Questo foglio testimonia la meditazione compiuta sui modelli esemplari del paesaggio classico secentesco. L’impaginazione equilibrata, con le quinte arboree disposte ai lati di un cannocchiale prospettico, e l’alternanza tra elementi naturali e architetture classiche rimandano a Poussin e Dughet. Proprio a quest’ultimo, ritenuto fin dall’antico lo specialista dei quadri di tempesta, e in particolare alla Tempesta della Collezione Mahon – oggi non piĂą ritenuta autografa, ma fino a poco tempo fa ritenuta sua con una tradizionale indicazione di provenienza Colonna – che Minardi aveva probabilmente potuto vedere almeno nella traduzione incisoria di Ottley del 1818 (cfr. Boisclair 1986, p.309 R.44), sembra ispirato il motivo paesistico della folgore che squarcia le livide coltri di nubi e degli alberi squassati dal vento. Ma l’inserto narrativo dei viandanti sorpresi dalla bufera del dipinto secentesco è qui sostituito dalla ben piĂą drammatica descrizione di un fulmine che colpisce un gruppo di cavalieri impegnati in una battuta di caccia.
La sintetica descrizione autografa del soggetto riportata come titolo dell’opera sul verso, e come tale ricordato anche dall’Ovidi nell’elenco delle opere principali di Minardi (Ovidi 1902, p.287), evoca Leonardo nell’atteggiamento di verifica visiva degli effetti fisici e psicologici della terribilità della natura che rivela. L’artista era stato ammirato da Minardi nella dissertazione del 1834 proprio per la capacità di rappresentazione “degli esseri in istato istantaneo, di vicissitudine, d’impeto, e di sconvolgimento” esemplata nella Battaglia di Anghiari (Minardi 1834 in Susinno 1982, p.56). Nel foglio si ritrovano anche le descrizioni di tempeste che si leggono nel Trattato leonardesco, sia per la combinazione tra il moto vorticoso del turbine che piega le chiome degli alberi e sembra strapparne le radici con quello centrifugo di animali e uomini generato dagli effetti psicologici del terrore, che per la magistrale contrapposizione di luci e ombre (cfr. Leonardo 1995, pp.91, 248).
L’opera è databile al terzo decennio dell’Ottocento in base al confronto con il catalogo minardiano e condivide la medesima temperie culturale di un disegno di Wallis conservato agli Uffizi, Il naufragio di Ulisse, del 1828 (cfr. Sisi 1987, p.58).
Come un “pensiero” tradotto sulla carta man mano che veniva via via concepito ed elaborato, il foglio, controfondato e giuntato, è emblematico sia della creazione artistica in generale che dell’immediatezza e della progettualità del genere grafico. Muovendo dal centro alla periferia, come spesso accade nei disegni del faentino, l’artista si trovava infatti nella necessità di ampliare lo spazio disponibile, per disciplinare in un’equilibrio di matrice classicista la scena sublime entro quinte naturali.
Stefano Grandesso
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