Peter Rittig
(Coblenza 1789 – Roma 1840)
Papa Paolo III Farnese visita Michelangelo nel suo studio
olio su tela, cm. 109 x 138; 1834
Menzionato con toni elogiativi, nonché descritto con dovizia di dettagli, dallo storiografo e collezionista Athanasius von Raczynski nella sua monumentale Histoire dell’art moderne en Allemagne (1841), il dipinto fu eseguito a Roma nel 1834 per il conte Rudolf von Lützow (1788 – 1858), ambasciatore straordinario del Re di Prussia presso la Santa Sede. Influente figura della comunità tedesca a Roma, membro onorario dell’Accademia di San Luca, cui nel 1831 l’abate Missirini dedicava la sua Intera collezione di tutte le opere inventate e scolpite dal cav. Alberto Thorvaldsen, il conte von Lützow sarebbe anche stato, nel 1835, l’ acquirente della prima traduzione marmorea della Flora di Pietro Tenerani (Stefano Grandesso, in Roma 2003a, p. 395). Dalla collezione del conte von Lützow il dipinto pervenne agli eredi Cardelli, nella cui dimora romana lo segnalò Hans Geller nel 1961 (p. 32, ill. 22; poi pubbl. in Susinno 1991, p. 424, tav. 609; e in Roma 2003a, p. 635). Il successo dell’opera e la circolazione della sua composizione furono garantite nell’Ottocento dalla litografia eseguita dalla stamperia romana Battistelli (von Raczynski 1841, p. 314), di cui si conserva un esemplare colorato a mano recante un’iscrizione apposta in calce dallo stesso pittore che segnala la data di esecuzione del dipinto (Roma, Calcografia Nazionale, cfr. Sabina Gnisci, in Roma 1996, p. 57, n. 54).
Considerata da von Raczynski “una delle opere meglio riuscite” di Peter Rittig, la tela raffigura la visita di Papa Paolo III Farnese all’atelier di Michelangelo a Roma in via Marforio, nei cui ambienti sono fantasiosamente disposti alcuni capolavori dell’artista toscano. Si individuano sulla parete di fondo il cartone per il profeta Geremia della volta sistina, in primo piano a destra il cartone per il gruppo centrale del Giudizio Universale, in controluce in posizione mediana la statua del Mosè, e in posizione centrale il gruppo della Pietà del Vaticano, curiosamente interpretato in senso purista. Michelangelo è raffigurato in ginocchio mentre mostra al Santo Padre la planimetria e il modello della Basilica di San Pietro. Secondo von Raczynski i personaggi presenti alla scena sono da identificarsi con: “Giovanni Maria del Monte, più tardi papa (Giulio III), Sansovino, favorito di Paolo III, Marcello Cervini da Monte Pulciano (poi Marcello II), Giovan Pietro Carafa (poi Paolo IV), Alessandro Farnese, Odoardo Farnese e Ottavio Farnese, duca di Parma”.
Per il soggetto – teso ad esaltare la fama dell’artista rinascimentale, ricordando gli omaggi che gli furono tributati dai maggiori personaggi del suo tempo – nonché per la pregevole qualità dell’esecuzione, l’opera costituisce una delle prime significative testimonianze pittoriche del rinnovato culto ottocentesco per Michelangelo, inaugurato da William Ottley in Inghilterra nei primi anni del secolo e successivamente documentato da una vasta produzione di dipinti (Pinto 1974, pp.110 – 111), di incisioni di traduzione (Fusco 1991), nonché dalla serie di nuove biografie a lui dedicate da Quatrèmere de Quincy e da Alexandre Dumas (Firenze 1996).
Il dipinto di Rittig è inoltre prezioso esemplare di un genere aneddotico che privilegia il piccolo e medio formato il cui ‘tipo’ – inaugurato a Parigi all’inizio del XIX secolo da Nicolas-André Monsiau con la Morte di Raffaello (Salon del 1804) e da Pierre-Nolasque Bergeret con Gli Onori resi a Raffaello dopo la sua morte (Salon del 1806) – fu portato al successo da Ingres nel 1818 con i due piccoli dipinti eseguiti per il conte Blacas, fra cui Leonardo muore tra le braccia di Francesco I (Sisi, Spalletti 1984; Bätschmann 1997, pp.78 – 81) e da Horace Vernet nel 1833 con il suo Raffaello in Vaticano, realizzato non a caso a Roma. Nel circuito nazareno romano, a cui Rittig appartiene, le nostalgiche ricostruzioni della vita degli artisti, d’ispirazione francese, procedevano di pari passo con la produzione storiografica sulle vite degli artisti, tanto che l’opera qui presentata va necessariamente posta in relazione con il Bramante presenta Raffaello al papa Giulio II (databile al 1836 circa, ora a Copenaghen, Thorvaldsens Museum) di Johannes Riepenhausen, derivazione pittorica da una delle dodici tavole incise raffiguranti la vita di Raffaello pubblicate dallo stesso nel 1833 (Hermann Mildenberger, in Nürnberg 1991, p. 546, n. 4.42).
Originario di Coblenza, ma educatosi a Parigi tra il 1808 e il 1816 presso l’École des Beaux-Arts e nello studio di Jacques Louis David, Peter Rittig si trasferisce a Roma nel 1817, dove entra in contatto con la cerchia degli artisti nazareni e stringe un’amicizia molto intensa con il pittore Franz Horny con cui condivide l’alloggio tra il 1817 e il 1819.
Rittig partecipa attivamente alla vita artistica romana, prendendo parte alle maggiori iniziative espositive cittadine: nel 1818 è presente ai festeggiamenti per l’arrivo a Roma del principe ereditario Ludovico di Baviera, l’anno successivo alla mostra organizzata dal gruppo tedesco in Palazzo Caffarelli in occasione del soggiorno di Francesco I. Nel 1822 un suo grande dipinto viene esposto negli appartamenti di Jacob Salomon Bartholdy; nel 1829 risulta fra i fondatori della Società Amatori e Cultori di Belle Arti presso la cui sede espone regolarmente negli anni ’30 (Sattel 1991; Sabina Gnisci, in Roma 1996, pp. 53 – 54, n. 42), nel 1834 abita ancora in Via Margutta 60, dove Brancadoro lo segnala ai possibili acquirenti come ‘pittore di storia’, nel 1839 sue opere sono esposte alla mostra degli artisti tedeschi allestita a Roma in occasione della visita del Granduca ereditario di Russia (von Raczynski 1841, p. 334).
Giovanna Capitelli