Hans Stoltenberg Lerche - Leone XIII benedicente

Hans Stoltenberg Lerche - Leone XIII benedicenteHans Stoltenberg Lerche
(Düsseldorf 1867 – Roma 1920)

Leone XIII benedicente

Bronzo, cm. 28 x 13 x 19

Firmato e datato sul lato sinistro: San Pietro / Roma 1903 / H. St. Lerche

Figlio del pittore norvegese Vincent e della ceramista Maria Rittenhausen, Lerche inizia la propria carriera in un piccolo studio di ceramica in Germania. Diciannovenne, nel 1886 si trasferisce a Firenze, tentando invano di entrare nella rinomata fabbrica Ginori, studiando le opere di Luca della Robbia, e passando infine a Napoli. Nel 1887 è a Parigi, dove resta per un decennio, dedicandosi alla scultura e alla pittura, entrando come allievo negli atelier di Eugène Carrière, Matisse e Derain. Nel 1892 inizia a esporre al Salon le proprie opere di scultura: busti e ritratti dell’alta borghesia realizzati in terracotta, gesso e bronzo, insieme a fantasiose ceramiche smaltate di gusto Liberty, ispirate al mondo botanico e zoologico, più volte premiate alle esposizioni di Parigi e di S. Pietroburgo.

A partire dal 1901, Lerche si trasferisce a Roma, aprendo uno studio in via Flaminia 4, accanto a quello di G.A. Sartorio. Lo studio romano dello scultore, aperto fino al 1919, sarà dei più frequentati, contando fra i visitatori le più illustri personalità del mondo artistico europeo. Aristocratici e principi, critici, poeti (Trilussa), pittori e scultori (fra i tanti, J. Benlliure, D. Trentacoste, L. Bistolfi, G. Prini, G. Nicolini, F. P. Michetti), tutti si affollano ad ammirare l’opera dell’artista nordico, esposta nello studio prima di partire per le grandi rassegne europee e americane, insieme a una collezione che raccoglie opere di Toulouse-Lautrec, Rodin, Max Liebermann, e Van Dongen.

Pittore, scultore, illustratore, medaglista, ceramista, creatore di gioielli liberty, e più tardi disegnatore di vetri di Murano per l’Antica Vetreria dei Fratelli Toso, Lerche diventa figura centrale nell’ambiente romano, partecipando alle mostre annuali degli Amatori e Cultori di Belle Arti, all’Esposizione Internazionale del 1911 e alla Prima Secessione Romana del 1913; insieme alle Biennali di Venezia dal 1905 in poi (Quesada 1996, pp. 44-45; Roma 2001, p. 177).

Come dirà Oppo per la retrospettiva dell’artista, tenutasi a Roma nell’aprile del 1922, Lerche era “un appassionato e un curioso di tutte le tendenze”, aggiornato sulla “più interessante produzione artistica moderna” (Oppo 1922). I recenti studi sulle arti applicate e sulla Secessione romana hanno chiarito il suo ruolo centrale nel trasmettere ai giovani artisti dell’inizio del 900 e degli anni Dieci un modo più moderno e aperto di concepire la vocazione per l’arte, ma la sua produzione scultorea resta meno indagata. Fra le prime opere modellate a Roma, il gesso di Leone XIII è presentato all’Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna di Torino nel 1902, e al Salon di Parigi. Nel ritratto di Lerche dipinto da F. Hornisch nello stesso anno (ripr. in Quesada 1996, p. 2), lo scultore, in abito elegante e con un suo gioiello al dito, figura in piedi accanto all’opera finita. Forse egli sperava di vedersi affidare la commissione della tomba del papa (poi realizzata da Giulio Tadolini nel 1907), e in ogni caso, la traduzione in bronzo del Leone XIII, per l’Esposizione della Società Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma nel 1903, coincide con l’anno di morte del pontefice novantatrenne (Roma 1903, p.22). Lerche lo rappresenta seduto sul trono, nel piviale ricamato, sollevare stancamente la mano in atto benedicente, piegando la testa sotto il grave peso del triregno. Subito notata per la “rara efficacia espressiva” (Pica 1902, p.84), la statuetta unisce al trattamento vibrante della superficie un movimento sintetico della forma maturato a Parigi a contatto della più aggiornata cultura post-impressionista, in particolare dei fauves, protagonisti della prima avanguardia europea.

Alessandra Imbellone

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