| OPERA NON DISPONIBILE
Opera non disponibile
Giuseppe Bezzuoli
(Firenze 1784 – 1855)
La Maddalena penitente in un paesaggio roccioso
Olio su tela incollata su tavola, cm. 30,5 x 21,5
Firmato in basso al centro, all’interno della scodella:Â G.Bezzuoli
Iscrizione antica a matita sulla tavola:Â Bezzuoli
Il piccolo dipinto sembra vicino, cronologicamente e per analogia nel trattamento della figura, al ciclo con Tre storie di Angelica e Medoro commissionato a Giuseppe Bezzuoli dal banchiere milanese Saulo Alari per una sala di Palazzo Pucci a Firenze intorno al 1820 e più precisamente alla scena degli Amori di Angelica e Medoro (cfr.Spalletti 1989, p.150). Così in Angelica vi ritroviamo dettagli somiglianti come il braccio sinistro della santa, il seno, il fianco dal quale scivola la veste, i piedi, la tipologia facciale e la capigliatura, mentre eguale forma del ventre riscontriamo in Medoro. Tratti identici si individuano inoltre nell’ambientazione paesistica come nella gamma cromatica. Il paesaggio ricorda quelli del Domenichino e del Reni, maestri molto studiati da Bezzuoli durante i soggiorni bolognese e romano. Sicuramente l’artista, nel visitare le collezioni romane di dipinti, avrà visto alla Pinacoteca Capitolina la tela di Antonio Carracci (allora ancora attribuita ad Annibale), con la Maddalena penitente in un paesaggio che potrebbe essere stata una delle fonti di ispirazione. E da notare come il giovane Bezzuoli abbia fatto tesoro del postulato del cavalier Tommaso Puccini, direttore degli Uffizi, secondo il quale si doveva seguire Tiziano nel dare più peso al colore rispetto al disegno, plasmando plasticamente il corpo umano con una delicata cromia di chiaroscuri.
L’opera è probabilmente da identificare con la S.M.Maddalena, figura piccola citata assieme ad altri due dipinti di medesimo soggetto ma di dimensioni maggiori nel catalogo dell’opera del pittore riportato nella monografia del 1855 (cfr. Bezzuoli 1855, p.68).
All’Accademia fiorentina, dove studia fin dal 1796, il giovane artista si fa presto notare per le spiccate doti nel disegno dal nudo vincendo nel 1801 il primo premio del relativo concorso. Partecipando a quelli triennali indetti sui temi sacri e tratti dal repertorio classico, riscuote i primi successi di pubblico e critica. Grazie al suo maestro Benvenuti, il più autorevole rappresentante del neoclassicismo in Toscana, fioccano le commissioni dell’aristocrazia che lo impegnano nel ritratto e nella pittura murale, campo nel quale darà i maggiori esiti a Palazzo Pitti.
Di primaria importanza nel suo percorso artistico è l’amicizia con il Sabatelli, che lo indirizza con aggiornata sensibilità ai temi storici e letterari di contesto medievale e rinascimentale e al superamento del classicismo accademico. Con i suoi dipinti, spesso di piccolo formato, di un romanticismo intimo e domestico, il Bezzuoli infatti incontrerà molto il gusto della nuova borghesia.
Se nel 1812 aveva vinto il premio per il suo Aiace difende il corpo di Patroclo, nel 1816, con un soggetto romantico per eccellenza come quello di Paolo e Francesca, il successo è addirittura strabiliante e gli vale la nomina di Accademico Professore di prima classe. Del 1823 è il primo dipinto davvero romantico in Toscana, ilBattesimo di Clodoveo per la chiesa di San Remigio a Firenze, “eseguito con straordinaria sapienza cromatica neoveneta e neosecentesca” (Spalletti 1990, p.304), al quale farà seguito il celeberrimo Ingresso di Carlo VIII a Firenze terminato nel 1829 per il Granduca di Toscana Ferdinando III (Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti). Nel 1844 il Bezzuoli succederà al Benvenuti nella direzione dell’Accademia fiorentina.
Ingrid Sattel
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