Giulio Aristide Sartorio

Roma 1860-1932

Studio anatomico di cavallo (studio per autoritratto a cavallo) • 1905 ca.

Tempera, olio, biacca, carboncino su carta, applicato su tela, 400 Ă— 420 mm

Bibliografia: L. Serra, Giulio Aristide Sartorio pittore animalista, Torino 1914, tav. 14; P.A. De Rosa, P.E. Trastulli (a cura di), Giulio Aristide Sartorio, il realismo plastico tra sentimento ed intelletto, catalogo della mostra di Palazzo Coelli, Orvieto 2005, cat. n. 1, pp. 15, 98

Nel 1914 Luigi Serra, nell’introduzione al suo volume dedicato alla produzione animalista di Sartorio, si rammaricava del fatto che, nonostante la fama raggiunta anche in questa specifica produzione, “Il suo nome non apparve nel salon degli animalisti” e nella relativa pubblicazione edita dalla rivista “L’Art et les Artistes” (Serra Luigi, Giulio Aristide Sartorio Pittore animalista, Celanza, Torino 1914, p. 7). Serra si riferiva al Ier salon annuel des Artistes Animaliers allestito nel mese di marzo 1913 presso la Galerie La Boétie di Parigi in cui erano esposti, tra gli altri, anche i lavori di Auguste Rodin, a dimostrazione di quanto il soggetto animalier continuasse a coinvolgere anche gli artisti di risonanza internazionale.

L’interesse di Sartorio per questa specifico settore artistico, che conoscerà un ampia rivalutazione in Italia negli anni ’20, non era effettivamente collaterale alla sua produzione principale – segnata da visioni d’impronta revivalista neobiziantina o più aderenti ad un impianto simbolista che miscelava suggestioni tanto inglesi quanto di area germanica – se si considera che nella sala personale allestita alla III Esposizione Internazionale di Venezia, assieme ai monumentali dipinti come La Gorgone e gli Eroi e La Diana d’Efeso e gli schiavi, Sartorio espose diverse opere a soggetto animale: Teste di pecore, Bufalo assalito da una pantera, Due leoni che scherzano, Tigri a caccia, Due leoni a riposo, Tigre lottante con una serpe, Due teste di cavalli che bevono, Tre leoni a riposo, a dimostrazione di quanto l’artista considerasse il tema affatto secondario persino a quella pittura di paesaggio di matrice costiana che l’accompagnerà per tutto l’arco della sua attività.

Nelle opere realizzate fino al 1914, a dispetto da quanto scritto da Serra il quale sosteneva che l’artista isolasse l’animale “da ogni rapporto con l’uomo e spesso anche con la natura”, Sartorio aveva tentato di superare le limitazioni imposte dal genere inserendo cavalli e tigri nel contesto decorativo, come ad esempio nel fregio Il poema della vita umana  per l’Esposizione Internazionale di Venezia (1906-1907, Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Venezia), ma soprattutto enfatizzando il dialogo con la figura umana come nei nudi adolescenziali ed eroici del corteo del fregio di Montecitorio. Sartorio aveva inoltre caricato gli animali, anche nelle composizioni autonome, di una sorta di alone tragico associato ad estremi dinamismi come in Cavallo e boa (1900, foto nell’Archivio Sartorio) e come Cavallo slanciato di carriera (1908, collezione privata), ma soprattutto nella silloge di incisioni dette Mostri dissimili che comprendeva Elefante che schiaccia una tigre e Tigre che divora un mostro marino.

Nella monografia del 1909 firmata da Antonio Muñoz l’autore scriveva: “Sartorio è anche un animalista di grande valore, ed ama specialmente il cavallo; quello indomito e intonso del buttero romano, quello agile e focoso della Sardegna, quello tardo da fatica dei paesi del nord: del nobile animale egli conosce l’occhio intelligente, gli scatti, i capricci, le fughe, e con mirabile maestria se ne vale nelle sue decorazioni” (Antonio Muñoz, Aristide Sartorio, Walter Modes Editore, Roma 1909, p. IX).  A conferma del giudizio di Muñoz esistono effettivamente numerosi disegni e studi a soggetto equestre, alcuni pubblicati anche nella monografia uscita in occasione della mostra del 1980, di cui almeno uno è afferente all’opera in esame (Aa.Vv. Giulio Aristide Sartorio 1860-1932, catalogo mostra Palazzo Carpegna, Roma 1980, Roma 1980, cat. n. 199, p. 108), nonché anche opere ben più elaborate come i dettagliati studi di teste equine impressionanti per la loro indagine realistica.

Il dipinto, che mostra un cosiddetto “scorticato” di cavallo, oltre ad avere un evidente carattere di disciplina artistica fu utilizzato da Sartorio come modello per il suo autoritratto sul destriero, pubblicato per la prima volta nella monografia del 1909, in cui l’artista scelse di raffigurarsi ignaro o sprezzante nei confronti di una fiera dalla testa di tigre e da una groviglio di serpenti che sembrano avanzare minacciosi al suo fianco in una sorta rappresentazione allegorica, quella dell’insidia artistica, piuttosto utilizzata in ambito simbolista – si pensi a VanitĂ  di Giovanni Segantini del 1897 – che poi Sartorio replicherĂ  proprio nel fregio della biennale veneziana dal titolo Le Tenebre – O tu uccidi l’insidia o resti ucciso.

Attorno al 1919 Sartorio tornerà sul tema del cavallo e del cavaliere nel Ritratto di Re Fu’Ad I a cavallo e nel relativo Cavallo Roslan prediletto dal sultano, il cui ductus pittorico e la scelta cromatica risultano affini alle opere del ciclo di Fregene. L’opera in esame, invece, mostra la consueta metodologia tecnica utilizzata dall’artista approssimatamene fino al 1911 costituta da un disegno chiaroscurato a carboncino su cui poi veniva steso il colore sfruttando la traccia sottostante.

Francesco Parisi

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