| OPERA DISPONIBILE
Filippo Tagliolini
(Fogliano di Cascia 1745–Napoli 1809)
Ritratto di Sir William Hamilton
1781- 1783
Placca rettangolare in terracotta, cm 43,5 × 30
Cornice coeva in legno impiallacciato, probabilmente meridionale
Provenienza: Napoli, collezione privata
Sir William Hamilton, l’Ambasciatore Plenipotenziario di Sua Maestà Britannica a Napoli, è ritratto di profilo, il viso volto verso sinistra e vestito in alta uniforme. Stranamente da un’indagine condotta per questa occasione notiamo che William Hamilton quando è ritratto di profilo compare di preferenza rivolto a sinistra, secondo uno schema immortalato -forse per la prima volta- da Joachim Smith un modellatore della manifattura di Josiah e Thomas Wedgwood (ill. 1). Un cammeo in jasper di estrema raffinatezza e di stilizzata eleganza molto “british” che ci mostra il nostro Ambasciatore a bocca socchiusa nell’atto di parlare in atteggiamento di formale nobiltà, così come venne anche ritratto tra il 1776 e il 1777 da Sir Joshua Reynolds, ma a figura intera seduto in atteggiamento ufficiale nel suo studio contornato da alcuni esemplari della sua collezione di vasi archeologici, il Vesuvio fumante nello sfondo.
Di un certo interesse è procedere al confronto tra la placca di Tagliolini -databile tra il 1781 e il 1785– e il piccolo medaglione eseguito una diecina d’anni prima, nel 1772, da Joachim Smith. I due ritratti sono apparentemente simili, entrambi ci mostrano il profilo di Hamilton volto a sinistra, volutamente similari i dettagli dell’acconciatura, uguale lo svolazzo del nastro annodato sulla nuca così come i tre riccioli sulle tempie, identici i minuti dettagli del taglio della giacca, il numero delle asole, l’onorificenza appuntata in petto, lo jabot al collo e il drappeggio di pelliccia che racchiude in basso con eleganza il modellato. Eppure quanto è diverso l’uomo ritratto da Tagliolini. Sono passati dieci anni, Hamilton si è appesantito, il collo non più esile affonda nel torace più voluminoso e il suo caratteristico profilo dal naso marcato è disegnato senza indulgenza ma a tutto vantaggio dell’espressione, le labbra in questo caso chiuse atteggiate in un lieve sorriso autoritario e compiaciuto da uomo sicuro di se. Il cammeo di Smith era stato eseguito nel periodo in cui Hamilton sembra abbia maggiormente collaborato con i Wedgwood fornendo modelli per le riproduzioni di vasi greco-italici che a partire dal 1769 erano stati messi in lavorazione nella loro fabbrica di Etruria nello Staffordshire. E un ritratto che vuole porre in evidenza la raffinatezza colta del personaggio e non ci meraviglia che Smith -come altri artisti coevi- abbiano sorvolato minimizzando la caratteristica prominenza del naso che al contrario Tagliolini, forse più intimo e meno complimentoso, abbia scelto di riprodurre attenendosi a ciò che i suoi occhi vedevano. Scelta d’altra parte che aveva già effettuato con occhio quasi caricaturale Dominique Vivant-Denon, che partendo sempre dal ritratto di Smith, aveva puntato per dare il massimo dell’espressività al suo schizzo, proprio sul profilo un po’ da uccello rapace del nobile Ambasciatore.
Nel caso di Tagliolini nulla di più lontano dal suo stile era il rincorrere la caricatura. Artista misurato, formatosi a Roma nel difficile momento di transizione tra barocco e neo-classicismo, nei suoi primi lavori eseguiti per la Real Fabbrica Ferdinandea si esprime ancora, specialmente nella ritrattistica, in quell’elegante “barocchetto napoletano” nel quale si dà ancora rilievo al movimento dei panneggi ma riproducendo le sembianze con chiaro riferimento veristico alle peculiarità fisiognomiche dei personaggi. Anche in occasione dei ritratti dei sovrani di Napoli, non ha esitato a tramandarci i loro realistici profili non privi di regalità –naso imponente e prognatismo per Ferdinando IV, espressione dura e sotto-mento ben evidente per Maria Carolina– riprodotti in due splendide placche in biscuit inviate in dono a Carlo III in Spagna nel 1782 e oggi conservate nel Palazzo Reale di Madrid.
C’è da notare che i rapporti che intercorrevano tra Hamilton e i Wedgwood negli anni 60/70 e quelli tra lo stesso Hamilton con il Direttore della Real Fabbrica Ferdinandea della Porcellana Domenico Venuti tra il 1780 e il 1790 erano diametralmente opposti. I Wedgwood dipendevano per la loro produzione dalla disponibilità del mecenate a consentire che venissero riprodotti i propri preziosi esemplari archeologici oltre a fare da tramite per quegli oggetti che egli rinveniva sul mercato antiquario napoletano e romano. Non va dimenticato che Hamilton fu anche colui che comprò oltre ai frammenti del celebre vaso Warwick, anche il vaso Barberini che rivenduto successivamente alla Duchessa di Portland ne avrebbe assunto il nome e che riteniamo sia stato prestato dalla Duchessa ai Wedgwood proprio su suo consiglio. Doveva quindi esserci da parte degli industriali inglesi un rapporto di riconoscente ossequio e il desiderio che un cammeo con il suo ritratto gli fosse cosa grata da tutti i punti di vista. Con la fabbrica dei Borbone, era piuttosto Hamilton a dover far sì che Venuti, che oltre a essere il Direttore della fabbrica della porcellana rivestiva anche la carica di Direttore Generale degli Scavi del Regno, fosse tanto indulgente da permettergli di acquistare esemplari importanti aggirando quelle restrizioni che vietavano la vendita di quanto rinvenuto nel sottosuolo, per legge di proprietà dello Stato, salvo quegli esemplari ritenuti meno significativi o simili ad altri già presenti nelle collezioni reali e questo a totale discrezione di Venuti.
Interpretare un’opera d’arte è sempre problematico perché varie personalità e situazioni ne sono implicate. Nel nostro caso: il soggetto, William Hamilton; l’autore, Filippo Tagliolini e la Real Fabbrica Ferdinandea.
William Hamilton (1740-1803), giunse a Napoli come Ambasciatore Plenipotenziario nel 1764 accompagnato dalla sua prima moglie, Catherine Barlow, l’ereditiera di salute cagionevole sposata nel 1758 che aveva però risolto in modo brillante la sua critica situazione finanziaria di figlio cadetto di Lord Archibald Hamilton, ricco però di un’accurata formazione culturale e d’importanti relazioni sociali, da non sottovalutare quella di essere stato fratello di latte di re Giorgio III d’Inghilterra. Napoli viveva già al momento della sua nomina la felicissima situazione di essere divenuta la meta più attuale del percorso del Grand Tour sulla scia degli spettacolari ritrovamenti archeologici avviati da Carlo di Borbone nonché degli interessi scientifici di vulcanologia per l’intensa attività eruttiva del Vesuvio (1), proprio le due grandi passioni di Hamilton insieme alla musica. E’ noto che quando James Gray suo predecessore a Napoli si dimise accusando problemi di salute ma in realtà spaventato dall’epidemia ad alta mortalità che si era propagata in città, Hamilton si propose con insistenza come suo successore per questa sede al momento peraltro poco ambita. A Napoli grazie al suo ruolo ufficiale di prestigio, ai mezzi economici a disposizione e al suo amore per le antichità riuscì a costituire una prima grande raccolta dei vasi Hamiltoniani che venne pubblicata dopo molte vicissitudini in quattro volumi commentati da d’Hancarville, un vero gioiello editoriale, le Antiquités Etrusques, Grecques et Romaines …, pubblicazione che divenne di fatto quasi un catalogo di vendita (2). Hamilton possiamo dire che è stato il capostipite dei mercanti-gentiluomini, con pregi e difetti connessi, e non è un caso se ha finito con il trascorrere a Napoli, città difficile e trasgressiva, quasi tutta la sua vita e tanto da ispirare a Francis Haskell come titolo per uno scritto a lui dedicato Ciarlatano o pioniere?… (3). Nei primi anni ’80 quando riteniamo sia stata eseguita la nostra placca in terracotta la vita di Hamilton era ancora in ascesa centrata quasi interamente sulla caccia al grande reperto archeologico e dedicata alle indagini vulcanologiche che anch’esse dovevano concretizzarsi in un capolavoro editoriale, i Campi Phlegraei …, illustrato splendidamente da Pietro Fabris (4). Sono gli anni nei quali furono suoi ospiti Winckelmann, d’Hancarville, Pietro Fabris, Goethe e i più importanti uomini di lettere e musicisti di passaggio per Napoli. Sua moglie Catherine muore nel 1782 ed Emma Hart -che egli sposerà nel 1791– giunge a Napoli solo nel 1786. Gli anni ’90 saranno però per Hamilton ben più difficili nonostante che le famose Attitudes di Emma e la visita alle sue collezioni continuino a costituire quasi una tappa obbligata per i gentiluomini di passaggio, ma il prestigio del suo nome viene inevitabilmente offuscato dalla liaison divenuta di dominio pubblico di Emma con l’Ammiraglio Orazio Nelson. Anche il catalogo della sua seconda collezione illustrato con il solo delineato da Wilhelm Tischbein –il compagno di viaggio di Goethe in Italia- edito nel 1795 non porterà il ritorno economico previsto a seguito del naufragio della nave militare Colossus e la perdita di tutta la raccolta che vi era stata imbarcata alla volta dell’Inghilterra grazie all’aiuto di Nelson (5). Nel 1800, a seguito dell’arrivo a Napoli dei Francesi, Hamilton lascerà la città e solo due anni dopo morirà a Londra.
Ma arriviamo all’autore Filippo Tagliolini. Della sua vita privata antecedente al suo arrivo a Napoli nel 1780 sappiamo poco a esclusione delle notizie raccolte con passione da un suo estimatore antesignano, Amerigo Montemaggiori, riordinate nel regesto compilato da Roberto Valeriani e pubblicato in calce al noto volume di Alvar Gonzàlez-Palacios (6). In uno studio recente dedicato alle porcellane del Marchese della Sambuca –il ministro chiamato a rivestire la carica di Segretario di Stato nel 1776 al momento della caduta in disgrazia di Tanucci su desiderio di Maria Carolina in quanto persona gradita dalla corte di Vienna dove Sambuca aveva rivestito in precedenza la carica di Inviato Plenipotenziario del re di Napoli- ho potuto ricostruire che sia la nomina di Venuti a Direttore della fabbrica della porcellana e sia la richiesta di far venire da Vienna Tagliolini furono diretta conseguenza della sostituzione di Tanucci con Sambuca. La nomina di Sambuca ha dato una netta svolta non solo all’ammodernamento della Real Fabbrica Ferdinandea della porcellana ma le sue riforme ad ampio raggio furono determinanti per una moderna vivibilità di tutto il regno, in questa sede tuttavia basterà ricordare la grande trasformazione dell’Università che neanche Genovesi era riuscito a compiere e l’avvio nel 1777 alla creazione del Real Museo Borbonico, l’attuale Museo Archeologico Nazionale di Napoli (7). E’ dunque nel 1780 che giunge “in prestito” da Vienna Tagliolini insieme al tecnico delle fornaci Magnus Fessler per dare una svolta sia artistica che tecnica alla fabbrica napoletana della porcellana condotta fino ad allora ancora a livello quasi amatoriale. Tagliolini non abbandonerà più Napoli e in perfetta intesa con Venuti trasformerà la produzione ferdinandea –fortemente sostenuta finanziariamente dalla nuova amministrazione di Sambuca- in quello che deve essere una manifattura reale, il biglietto da visita del regno. In questa ottica presero grande importanza le miniature che esaltavano le bellezze naturali delle Due Sicilie mentre Tagliolini si dedicava alle riproduzioni del patrimonio archeologico di casa Borbone e alla ritrattistica ufficiale dei sovrani e delle personalità di maggior spicco del regno.
E’ nostra opinione che la placca in terracotta con il ritratto di Hamilton possa essere il prototipo per una successiva versione in biscuit che se realizzata è da presupporre sia stata fra quegli oggetti portati con sé al momento di lasciare Napoli. Il confronto con i due medaglioni dei sovrani ci fa ritenere che anche il ritratto di Hamilton sarebbe stato circoscritto in un ovale e che in questo caso le dimensioni sarebbero state le medesime, di cm.43 x 33, utilizzando la forma già presente in fabbrica messa a punto per i medaglioni di Madrid. Riteniamo che Tagliolini abbia spesso realizzato un primo modello in terracotta visto che conosciamo almeno altri tre grandi gruppi a più figure e un quarto di dimensioni più ridotte tutti in terracotta: il cosiddetto gruppo Montemaggiori, non colorato e firmato da Tagliolini, esposto nel 1980 da Alvar Gonzàlez-Palacios alla mostra sul ‘ 700 napoletano (8), il gruppo dipinto a freddo del Museo Correale di Sorrento e un altro inedito, sempre dipinto a freddo, conservato in una collezione privata così come il gruppo più piccolo. La nostra placca suggerisce inoltre che sarebbe opportuno procedere a nuove ricerche sul ruolo svolto da Hamilton a Napoli e indagare su quanto stretti siano stati i legami con Venuti nella sua veste di direttore della Real Fabbrica Ferdinandea. Personalmente non riteniamo di poter escludere che dietro la scelta decorativa del Servizio Etrusco inviato in dono nel 1787 a Giorgio III d’Inghilterra -con miniati gli esemplari più interessanti della raccolta vascolare Borbonica (9) – ci sia stato un apporto determinante di Hamilton simile a quello da lui svolto a suo tempo per la manifattura dei Wedgwood, visto che se le scelte per il dono fossero state lasciate a Ferdinando IV è certo che sarebbero state diverse.
Angela Caròla-Perrotti
Note
- J. Jenkins – K. Sloan, Vases and Volcanoes: Sir William Hamilton and his collection, Catalogo della mostra, Londra 1996
- Antiquités Etrusques, Grecques et Romaines, tirée du cabinet de M. Hamilton, envoyé extraordinaire de S.M. Britannique en court de Naples, Napoli 1776-1777, vv. 4 in folio.
- – F. Haskell, Ciarlatano o pioniere? Uno storico dell’arte a Napoli nel Settecento, in, Arti e Civiltà del Settecento a Napoli, a cura di C. De Seta, Bari 1982. Su Hamilton vedi anche: C. Knight, Hamilton a Napoli. Cultura, svaghi, civiltà di una grande capitale europea, Napoli 1990.
- W. Hamilton, Campi Plegraei. Observations on The Volcanos of the Two Sicilies, as They have been communicateted to the Royal Society of London by Sir William Hamilton K.B.F.R.S. his Britannic Majesty’s Envoy Extraordinary and Plenipotentiary at the Court of Naples, Napoli 1776; pubblicazione a cui fece seguito un supplemento con la descrizione dell’eruzione del 1779, Napoli1779.
- Collection of Engravings from Ancient Vases mostly of pure Greek Workmanship discovered in sepulcres in the Kingdom of the Two Sicilies but chiefly in the neigbourhood of Naples during the course of the years 1789 and 1790, now in the possession of Sir William Hamilton, His Britannic Majesty Envoy Extr. And Plenipotentiary at the Court of Naples, with remarks on each vase by the Collector, Napoli 1791-95, vv. 4 in folio.
- A. Gonzàlez-Palacios, Lo scultore Filippo Tagliolini e la porcellana di Napoli, Torino 1988.
- A. Caròla-Perrotti, Le porcellane del Marchese della Sambuca, in: Gli amici per Nicola Spinosa, a cura di F. Baldassarie M. Confalone, Roma 2019, pp.217-229
- A. A., Civiltà del ‘700 a Napoli 1734 -1799, Firenze 1980, p. 154. Il gruppo è stato successivamente esitato nella tornata d’asta dell Christie’s Italia, Roma 24/4/1991, lotto 325.
- Per i documenti sul Servizio Etrusco cfr. A. Caròla-Perrotti, La Porcellana della Real Fabbrica Ferdinandea, Cava dei Tirreni 1978, p. 210-212; per la storia del servizio cfr. A. Caròla Perrotti, a cura di , Le Porcellane dei Borbone di Napoli, Capodimonte e Real Fabbrica Ferdinandea 1743 -1806, catalogo della mostra, Napoli 1986, pp. 352 – 375.
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