| OPERA DISPONIBILE

Emanuele Cavalli
Lucera 1904-Firenze 1981
Figura con M.L. (Maria Letizia) • 1968
Olio su tavola, 90,3 Ă— 0 cm
Firmato in basso a destra: “E. Cavalli”; firmato, datato e intitolato sul retro: “E. Cavalli/FIGURA con M.L.”, “1962”; timbri della Galleria F. Russo; Russo Centro d’Arte La Barcaccia.
Figura centrale nelle vicende della Scuola romana oltre che valente fotografo, Emanuele Cavalli sin dagli esordi focalizzò la propria ricerca sullo studio del colore. Autore, insieme a Giuseppe Capogrossi e Roberto Melli, del Manifesto del Primordialismo Plastico del 1933, giunse nel periodo tra le due guerre a una visione della pittura del tutto personale, in cui il concetto di “tono” assume un ruolo fondante e si carica di una duplice funzione: evocare risonanze musicali e articolare forme, volumi e profondità . L’approccio meditativo al fare arte si riflette nell’accento esoterico conferito alle sue composizioni, dai ritratti alle nature morte. Misteriosi riferimenti alle discipline dell’occulto, di cui Cavalli era profondo conoscitore, ricorrono con frequenza in tutta la sua produzione, così come i rimandi all’arte del passato, dalla pittura parietale romana al Quattrocento italiano, in particolare alle atmosfere sospese e alle armonie cromatiche di Piero della Francesca.
Anche una volta conclusasi la stagione della Scuola romana e dopo il trasferimento definitivo a Firenze nel 1946, quando ottenne la cattedra di pittura presso l’Accademia di Belle Arti succedendo a Felice Carena, Cavalli proseguì in un’indagine solitaria sui valori tonali del colore. Mentre il panorama artistico italiano si orientava con sempre maggiore interesse verso le istanze d’avanguardia provenienti dagli Stati Uniti, l’artista scelse di rimanere ancorato a una figurazione riconoscibile, venata di suggestioni misteriche, che assunse così un carattere sempre più introspettivo. Verso la fine degli anni Sessanta, dopo una fase di crisi che lo condusse a un pennellare nervoso, scandito da linee spezzate e serpentine, Cavalli parve orientarsi verso un recupero di una figurazione più salda e aderente al reale. Inediti risultavano invece gli accordi tonali, ora più audaci e cangianti, declinati con un’illuminazione quasi al neon. In questa fase si colloca l’opera in esame, intitolata dallo stesso Cavalli con il generico titolo Figura con Maria Letizia. A posare è infatti la figlia Maria Letizia Cavalli (Anticoli Corrado 1936 – Pietrasanta 2021), modella prediletta sia in ambito pittorico che fotografico. Il dipinto, dominato dal contrasto tra le modulazioni di viola del cappello e dello sfondo, il panneggio che vira al rosso e il verde acceso del pappagallo, appartiene a un nucleo di opere realizzate tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta, accomunate dalla presenza della figura femminile affiancata a un piccolo animale domestico.
L’esecuzione del dipinto è ben documentata nel diario dell’artista, conservato presso il “Fondo Emanuele Cavalli” dell’Archivio della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, pervenuto nel 2020 grazie alla donazione della figlia. L’opera fu avviata il 3 maggio del 1968: nell’arco di quattro giorni, dopo «molte ore di continuo lavoro», fu quindi portata a termine con piena soddisfazione da parte dell’autore. Le annotazioni del diario, qui trascritte integralmente, offrono una preziosa testimonianza di quanto l’elaborazione dell’accordo tonale fosse centrale nel processo creativo di Cavalli:
3 maggio: «Figura con M. Letizia su compensato di cm. 70 x 90, seduta su divano grigio-viola – fondo viola intenso – golfino bruno caffè, pappagallo sulla mano sinistra (verde) e cappello bleu-viola. Piano ocra gialla scuro».
4 maggio: «Bene impiantata la figura».
5 maggio: «Molte ore di continuo lavoro. Precisamente ho ripreso tutto il quadro registrando i toni. Subito improvviso prosciugo che ha insordito i valori bassi specialmente il fondo. Bene il valore della coperta rosa-viola sulle ginocchia e dalla quale si intravede come dall’inizio un ginocchio scoperto».
6 maggio: «Ripreso il fondo, il cappello, il pappagallo e la testa – mani. Ho finito mi sembra. Mi piace»[1].
Allo stato attuale delle conoscenze, non è possibile stabilire con certezza – ma è plausibile – se l’opera sia stata esposta da Cavalli in una delle personali successive al 1968. Rimasta per un periodo nella collezione della figlia, è successivamente passata alla Galleria Arco Farnese di Lucia Stefanelli Torossi, alla quale si deve la prima mostra postuma dell’artista, inaugurata nel maggio del 1984.
Manuel Carrera
[1] Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Fondi Storici, Fondo Emanuele Cavalli, serie 1 (Documenti personali), unità archivistica 3 (Diari), sottounità archivistica 2 [Diario (1961-1976)].
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