Renato Tomassi
(Subiaco 1884 – Roma 1972)
Alla fonte
Olio su tela, cm. 99 x 139
Siglato e datato sul bordo inferiore destro:Â R. T. 1932
Bibliografia: E. M. Eleuteri 1986, p. 27
Tagliata dal bordo del quadro la figura femminile con la conca scandisce il primo piano scosceso sul limite destro del dipinto con la sua presenza fortemente caratterizzata, un ritratto in veste di contadina di una modella o amica ripresa con l’acutezza fisionomica dei suoi ritratti fra cui quello dell’amico e collezionista Alfredo Bretschneider del 1913. Il doppio registro del ritratto inserito in un paesaggio preso sul vero corrente nell’opera di Tomassi da Mattino di solea Plein air (Musi ed Enza) degli anni Venti, lascia contendere in Alla fonte il primato del soggetto all’orografia dei monti intorno all’Altipiano di Arcinazzo che ritma marcatamente il fondale su cui si staglia la figura femminile quasi ritagliata da una istantanea fotografica. Avvicinatosi alla pittura sotto la guida dell’ungherese Roberto Willmann installatosi a La Maddalena sui Simbruini presso Cervara, Tomassi matura la sua esperienza compiendo un viaggio, non solo ideale, da Subiaco al Nord Europa (Domestici 1999, pp. 10-13).
A Roma preso uno studio in via Margutta frequenta il circolo mitteleuropeo di pittori e amatori d’arte: da Otto Greiner, a Sigmund Lipinsky, a Federico Hermanin funzionario delle Belle Arti attento sostenitore della produzione contemporanea di paesaggio di tedeschi romani quali Ettore Roesler Franz, Max Roeder e Adolf Hirémy-Hirschl. Proprio Hermanin ritratto da Tomassi nel 1922 circa, ne seguirà da vicino la produzione prima che la guerra segni la frattura della composta e calda tessitura compositiva e pittorica sotto il marcato influsso di Munch e Kirchner. La prima personale del 1923 nel foyer del Teatro Nazionale a Roma fece conoscere l’outsider Tomassi ad un pubblico colto fra cui spiccava il nome di Adolfo Venturi oltre che quello di pittori come De Carolis. Le opere in mostra davano conto delle sue frequentazioni: dall’americano Elihu Vedder di cui in mostra era esposto un ritratto, a Guido Guida direttore della rivista “Fiamma” e curatore della mostra, a Federico Hermanin allora direttore del Museo di Palazzo Venezia. Proprio quest’ultimo presentandolo al pubblico colse quel carattere di “mirabile e paziente pittore il quale pare che scruti il paesaggio con un microscopio” (Hermanin 1923) che ben si adatta al paesaggio qui esposto. Tomassi divise la sua produzione fra ritratti e paesaggi in cui comeAlla fonte è marcato il tratto di “disegnatore forte e incisivo, quasi tagliente” (Hermanin 1923) che rimarrà costante anche nell’esplosione cromatica dell’ultima produzione e che connota il ritratto di un altro referente della cerchia romana di studiosi e artisti oltramontani, il Cardinale Ehrle (Biblioteca Vaticana).
Serenella Rolfi