Dalla metà del Settecento il tema delle eruzioni del Vesuvio e della distruzione delle città antiche di Ercolano e Pompei ha enorme fortuna ed è destinato ad entrare nell’immaginario collettivo dell’Occidente. Giovanni Pacini vi dedicò un melodramma e il romanzo di Bulwer Lytton ebbe immensa popolarità , destinata a durare sino alle numerose trasposizioni cinematografiche del Novecento. In pittura, dopo le numerosissime vedute e i paesaggi “istoriati” con episodi legati alla potenza distruttrice del vulcano, spettò soprattutto al capolavoro di Brjullov, L’ultimo giorno di Pompei, alla Scena dell’eruzione del Vesuvio di Franque e al ritrovato Ultimo giorno di Ercolano di Podesti, qui presentato, ricondurre il tema in seno alla pittura di storia.
Il quadro di Podesti era documentato dalle fonti ma si riteneva perduto, noto sino ad oggi solo nella versione del bozzetto. Il suo ritrovamento costituisce un importante contributo alla ricostruzione di questa vicenda pittorica. Rispetto alla vastità scenografica e compositiva dell’immenso, anche nelle misure, quadro russo, destinato a fama europea e a rivoluzionare il linguaggio della pittura storica, quello di Podesti, eseguito anch’esso nel 1833, dopo una ricognizione sul sito di Ercolano, meno ambiziosamente si inscriveva nel dibattito, ancor vivo a Roma, tra classici e romantici. Pur assecondando le regole compositive accademiche ne forzava in qualche modo i limiti e individuava nel tradizionale primato assegnato alla pittura di figura, qui l’elemento principale della rappresentazione a scapito della scena di distruzione circostante, la chiave per una più intensa espressione sentimentale nei registri del patetico e del sublime.
L’opera è presentata insieme ad ulteriori contributi sia grafici che pittorici al catalogo di Podesti, che intendono suggerire i diversi ambiti della sua produzione, dalla grande decorazione ad affresco alla pittura religiosa, da quella romantica di soggetto letterario al ritratto.
di Fernando Mazzocca