LUIS SERRANO
PASSIO
SERIE DI DIPINTI RAFFIGURANTI I SIMBOLI DELLA PASSIONE
Se sapessi davvero qualcosa dei culti o dei riti antichi legati alla primavera penserei che l’intensa attrazione velata di nostalgia che mi suscita l’idea della Pasqua, o per essere più precisi della Semana Santa spagnola, sia in modo diretto e intuitivo collegata ad essi e che io sia, evocandola, soggetto di voci lontane che non so ben interpretare. Se mi ci soffermo, mi pare di distinguere due momenti significativi: uno diurno, iniziale, che corrisponde alla mattina della Domenica delle Palme, spesso molto luminosa ma ancora fredda, e alla lettura del Vangelo che descrive ampiamente gli eventi che si succederanno in quei giorni, alle volte con l’intervento di voci diverse per rinforzare il senso di un racconto in cui intervengono tanti personaggi; e un altro successivo e notturno in cui la drammaticità dei fatti ricordati, il grave silenzio, la quiete, spandono fino all’assoluto il mistero della notte di aprile e di una nuit espagnole carica di richiami levantini. E basterebbe il termine palme o la scansione tragica segnata dal feriale canto del gallo per accendere un vasto immaginario. Profondità insondabili. Ma la memorabile, leggendaria narrazione di azioni esemplari – l’offesa, il tradimento, la solitudine o il pentimento per dirne alcune – si appoggia anche sulla menzione di una varietà di oggetti i quali successivamente passano a formare un corpus preciso che nutre sia il culto delle reliquie che la devozione, l’impianto narrativo o le varie trascrizioni artistiche. E che i missionari gesuiti ritrovano meravigliati nelle forme evocative del cosiddetto fiore della passione, la Pasionaria. È proprio questo catalogo di oggetti comuni, il continuo oscillare di questi tra forma quotidiana e densità di racconto o anche tra semplicità formale e potente capacità di astrazione simbolica, l’aspetto che mi ha attratto e che ho voluto fare motivo delle opere che ora presento. Per ragioni biografiche in cui non serve addentrarsi, ho potuto forse cogliere in modo ancora naturale l’aspetto antico e favolistico di questi emblemi, la loro immediata corrispondenza con utensili ancora in uso, oltre che il loro servire da cornice a pratiche devozionali di cui erano ancora noti, attorno a me, passi e sequenze. Di questo fondale, ora meno famigliare, ho voluto lasciare una traccia. Senza pretendere tuttavia di proporre programmaticamente nuove formulazioni o la rinnovata vigenza di queste immagini. Ho pensato che, per rinforzare la loro potenza, fosse meglio trattarle come piccole nature morte, disposte senza riferimenti spaziali su uno sfondo neutro che contrasta con la descrizione precisa di oggetti di aspetto per lo più contemporaneo. Malgrado la varietà di questi e la difficoltà quindi di mantenere lungo una serie la stessa tensione pittorica o l’intento di una redazione attuale non sempre immediata, mi sono lasciato guidare da alcuni modelli scelti tra la ricca tradizione che ha guardato a questo stesso repertorio incrociandola con autori che per il preciso ma decantato linguaggio figurativo o per il loro interesse verso la poesia degli oggetti (giusto per fare un nome, mi piace ricordare la pittrice lettone Vija Celmins e le sue tele piene di grazia raffiguranti semplici stufette elettriche o comuni buste per la posta aerea) fossero prossimi ai miei propositi.
Luis Serrano
Qui il catalogo sfogliabile con testi di Luis Serrano, Valerio Magrelli, Andrea Nante