Giovanni Strazza
(Milano 1818-1875)
L’Industria
Terracotta, cm 53 x 18,5 x 17
Firmata e datata sul verso della base:Â Strazza 1867
Si tratta del bozzetto di una delle due figure allegoriche che ornano il Monumento onorario a Giulio Sarti, patriota, scienziato, ingegnere idraulico e ferroviario, che Giovanni Strazza eresse nel 1870 nel Cimitero Monumentale di Milano, sul portico superiore della Galleria di Ponente. Secondo lo schema classico della composizione piramidale, al centro è collocata su un alto basamento la figura sedente del defunto, intenta allo studio, ai lati più in basso le statue della Scienza applicata e dell’Industria(Tedeschi 1995, p.88; Ginex-Selvafolta 1996 pp.25- 6).
Il bozzetto era già modellato nel 1867. La capacità descrittiva dell’artista ha restituito realisticamente la diversa consistenza dei materiali e dei tessuti: il grembiule in cuoio nella sua rude scabrosità e nello spessore non è disponibile a pieghe risentite come quelle dell’elegante andamento del panneggio sottostante, bellissimo anche nella visione posteriore, che scende dalla spalla sinistra con un dettaglio naturalistico che ricorda laMalinconia di Francesco Hayez (Milano, Collezione privata).
Tali seduttive capacità nel piegare il materiale plastico alla rappresentazione dei dettagli delle stoffe o nella resa della carnosità femminile, spesso indicata come la specialità della cosiddetta “Scuola di Milano” della scultura, non erano tuttavia il tipico intendimento di Strazza, rientrato a Milano nel 1860, dopo un ventennio trascorso a Roma, per occupare una delle due Cattedre di Scultura dell’Accademia di Brera, che lamentava: “L’arte grande, che fa consistere il conseguimento del suo scopo nella espressione del bello maestoso, dei concetti nobili, delle idee peregrine; l’arte che non si accontenta della perfezione della forma, ma la vuole congiunta e messa anzi al servigio del pensiero, e che solo nell’armonica fusione dell’uno e dell’altra stima consistere la perfezione, va in generale e man mano scomparendo” (cit. in Tedeschi 1995, p.76).
Egli perseguiva invece quest’ “arte grande”: in questo caso mettendo a disposizione il linguaggio elevato dell’allegoria monumentale ai nuovi miti della civiltà moderna, come la scienza e l’industria, con la sezione di colonna scanalata a fare da attributo, simile a un ingranaggio. Il suo naturalismo, fondato sul magistero di Tenerani, ma soprattutto sulla pittura contemporanea, ricorreva a un nuovo ideale di bellezza che guardava ai volti di Michelangelo e simile a quello forgiato in Inghilterra dai Preraffaelliti. L’impegno a operare nel solco più nobile della tradizione si traduceva in un monumentalismo che, con la dignità della posa, controlla il moto serpentinato della figura e il gesto di sostenere lateralmente il martello simile a quello che compie il David di Bernini (Roma, Galleria Borghese) nel caricare la fionda. La carica morale della scultura era infine espressa dalla fierezza e dalla determinazione dello sguardo.
Stefano Grandesso