Giovanbattista Bassi
Massalombarda/Ravenna, 1784 – Roma, 1852
La cascata delle Marmore presso Terni (La caduta del Velino), 1820 circa
Olio su tela, cm 89,3 x 68,5
Il dipinto, eseguito nel 1820 per Lady Bentinck,mentre una replica in grande era acquistata insieme alla Grotta di Nettuno dall’inglese Tood, costituiva un primo saggio della celebrata abilità di Bassi nel rappresentare gli effetti delle cadute d’acqua, secondo la verità della natura, “la natura e colta tal quale si presenta”,come scriveva Filippo Gerardi nel 1834, che aggiungeva: “la scelta di effetto consiste nella scelta dei siti”, significando anche la capacità dell’artista di rivedere in termini originali i luoghi canonici meta dei viaggiatori del Grand Tour che già alcune generazioni di artisti avevano preso a soggetto privilegiato delle loro vedute italiane. Lo stesso commentatore descriveva con ampiezza il magistero dell’artista “nell’acque cadenti”:“ filate sul principio tosto si sfumano, si cilestrano, invermigliano, dove battono spumeggiano a ribalzi però senza le macchie, o le sfreggiature de’ manierati: dove i vapori acquosi quietamente si diffondono trovi al di dietro il paese come per un vetro, co’ suoi toni, co’ suoi colori, dove poi il vento li ammassi,i vapori si addensano, s’incorporano colla luce. […] Vuoi i massi sassosi, ecco i vulcanici, i graniti, le breccie: vi trovi le croste de’ Licheni, il velloso de’ Muschi. Che forza di tinte, che maestria di frizzi nelle parti irraggiate! Senza però le ricalcate strisciature degli stentati. Nelle masse dell’ombre poi non arrivi a capire quali tinte le oscurino, perché vi discerni un altro dipinto di riflessi e di riverberi, che l’erbe, i cespugli, i massi de sassi ti mostra” (Gerardi 1834).
L’opera, descritta e ricordata da altri commentatori tra i quali Gisueppe Tambroni, che elogiava il punto di vista ravvicinato “di faccia a quel volume immenso d’acqua […] traversata da un raggio di sole, che produce un grato effetto (Tambroni 1820, pp. 253-254; cfr. anche Lovery 1826, pp. 406- 410), era citata da Massimo D’Azeglio come “il soggetto”di Bassi, eseguito in numerose versioni, di cui però è nota fino ad ora solo quella qui presentata insieme a un piccolo olio su cartoncino (Mazzocca 1984, p. 37; Nicosia 1985, p. 111), ammirata dai contemporanei e celebrata dai versi del poeta reatino Angelo Maria Ricci (“Bassi, pingesti la dirotta balza/ E il Velin che lasciato all’onde il freno/ Disdegnoso precipita trabalza/ per aver pace della Nera in seno:/ L’onda che l’onda vorticosa incalza/ Né per volger di tempo unqua vien meno/ Il bianco spruzzo che or s’adima or s’alza/ Il circoscritto azzurro e il ciel sereno./ Un Re, cui l’Etna ed il Vesevo onora/ Or pingi ospite Nume in quelle sponde,/ Ch’io di quel giorno mi ricordo ancora;/ E a quell’aspetto (poiché al sol risponde)/ L’iride stessa tornerà talora/ Ne’ tuoi colori a coronar quell’onde.”; Ricci 1833).
Bibliografia: inedito.