DETTAGLI MOSTRA

Sottotitolo: Dalla bizzarria al canone: dipinti tra Seicento e Ottocento
Data inizio: 01/04/2009
Data Fine: 30/06/2009
Stato della mostra: Terminata

La mostra raccoglie circa quaranta dipinti, tutti legati assieme dal filo sottile della qualità e della rarità e che, tra la fine del XVII secolo con un Erode nel gusto dell’Arcimboldo fino alle Tigri in agguato di Giulio Aristide Sartorio, documentano circa tre secoli di bella pittura, dall’estrosità barocca ai canoni rappresentativi neoclassici e romantici.

Anche se in qualche caso realizzati fuori d’Italia, come un ritratto femminile del francese Jean Baptiste Soyer, il bozzetto di Louis-André-Gabriel Bouchet per l’Augusto e Cinna conservato a Versailles, la ricostruzione ideale del Tempio di Aphaia a Egina con il famoso frontone restaurato a Roma da B. Thorvaldsen per Ludovico di Baviera di Joseph Lang, i numerosi dipinti stranieri presentati testimoniano il prolungato e fecondo rapporto degli artisti esteri con l’Italia e la sua tradizione. È il caso dell’Alcibiade del precursore neoclassico Julien de Parme (1774), del Ritratto di Charles Gruy di Jacques Sablet (1798), o dell’anacreontico Amore con Bacco e Batillo dell’allievo di Mengs Friedrich Rehberg, eseguito a Roma nel 1795 o del Ritratto virile del grande russo Alexandr Andreevic Ivanov (1856).

Tra i pittori italiani, le opere in mostra sono in grado di illustrare in termini rappresentativi i diversi generi della pittura tra Sette e Ottocento, da quella “ideale” e storica – le grandi tempere neoclassiche di Giovan Battista Dell’Era (Trionfo antico e Naumachia), le Parche di Felice Giani, la Medea di Pietro Benvenuti, i pendant con Gesù al Tempio del napoletano Paolo Albertis, o i romantici Martiri cristiani di Domenico Morelli, Otello di Pompeo Marino Molmenti e Michelangelo di Alberto Maso Gilli – alla scenografia teatrale (Alessandro Sanquirico per le Vestali, 1818, alla Scala), al “genere” (Visita all’eremo del rarissimo messinese Letterio Subba), a quella animalistica (il Lupo del pittore di corte parmense Giuseppe Baldrighi), al ritratto.
In quest’ultimo campo è il capolavoro di Martino De Boni, in rapporto con gli esiti pittorici di Canova, il Ritratto del principe Abbondio Rezzonico, senatore di Roma. Alcune vedute sono poi esposte a documentare il passaggio dal paesaggio classico alla pittura dal vero (Alessandro Nava, Veduta di Villa Cagnola a Inverigo). Appartiene all’inconsueta categoria del dipinto “di traduzione” il Monumento Barbarigo, smembrato a Venezia in età napoleonica, rappresentato da Giuseppe Borsato.

Tra le opere eseguite a Roma un prezioso nucleo di bozzetti, di Vincenzo Camuccini (Nozze di Amore e Psiche), Francesco Podesti (Bacco e Arianna), Francesco Coghetti (Alessandro difende il padre in battaglia) e Luigi Fioroni (Cleopatra e Ottaviano), è legato alle straordinarie imprese decorative avviate dalla famiglia Torlonia nel palazzo di città e presso la Villa sulla via Nomentana, le più impegnative del secolo, confrontabili solo con il mecenatismo principesco dei secoli precedenti.

LE OPERE