Il pittore Filippo Palizzi nacque a Vasto, in provincia di Chieti, nel 1818, e dopo aver ottenuto i rudimenti del disegno da un modellatore di pastori, nel 1836 si trasferì a Napoli dove soggiornava il fratello Giuseppe. Nella città partenopea il pittore frequentò per alcuni mesi il Reale Istituto di Belle Arti, abbandonandolo tuttavia al sorgere di istanze antiaccademiche, preferendo studiare presso la Scuola Libera dell’abruzzese Giuseppe Bonolis. Palizzi esordì nel 1839 esponendo alcuni Studi di animali, con i quali vinse la medaglia d’argento, acquistati dalla duchessa di Berry; mentre al 1841 risale il primo acquisto da parte del re, che si aggiudicò il dipinto raffigurante Il mese di maggio (olio su tela, Napoli, Avvocatura di Stato). Poco dopo il pittore compì un viaggio in Basilicata per studiarne i costumi popolari, per poi seguire nel 1842 il principe Maronsi in Moldavia, facendo tappa durante il viaggio anche a Costantinopoli, Galatz e La Valletta, di cui resta una Veduta (olio su tela, 1843, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), occasione che gli permise anche di realizzare numerosi ritratti dell’aristocrazia boiarda. Tornato in Italia nel 1844, l’artista fece in tempo a salutare il fratello Giuseppe in partenza per Parigi, scambiandosi negli anni seguenti numerose lettere, tra le quali quelle in cui lo ragguagliava sui moti del 1848.
Nel 1861 Palizzi contribuì alla fondazione della Società Promotrice di Belle Arti di Napoli, divenendone socio onorario nel 1888, ma si rifiutò di esporre in quello stesso anno alla I Esposizione Nazionale di Firenze, che comunque visitò e di cui ci rimane l’interessante commento inviato al collega Eleuterio Pagliano. All’Esposizione Universale di Parigi del 1867 l’artista presentò sei dipinti tra cui Dopo il diluvio (olio su tela, 1862 ca., Napoli, Museo di Capodimonte) che ricevette una medaglia d’oro, opera commissionatagli nel 1861 da Vittorio Emanuele II che ne condensa la concezione estetica, basata su un naturalismo schietto privo di drammaticità.
Nel 1871 il pittore espose alla Promotrice di Napoli il dipinto L’amore nel deserto, acquistato dal banchiere Giovanni Vonwiller e presentata fuori concorso nel 1873 all’Esposizione Universale di Vienna, per la quale era stato incaricato di svolgere il ruolo di giurato.
Nel 1868 Palizzi venne nominato docente presso il Real Istituto di Belle Arti di Napoli, divenendone dieci anni dopo il presidente, finché nel 1881 non rassegnò le dimissioni a causa di una controversia relativa alla nomina del docente di scultura e decidendo quindi di trasferirsi al Museo Artistico Industriale, che nel 1878 aveva contribuito a fondare.
Nel marzo del 1891 il pittore ottenne nuovamente la nomina a presidente del Reale Istituto, venendo poi nominato ufficiale dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro.
Morì a Napoli il 10 settembre 1899.
Fortemente influenzato dalla Scuola di Posillipo e dai pittori di Barbizon, Palizzi si interessò fin dai primi passi della propria carriera allo studio realistico del dato naturale e agli effetti di luce attraverso i vari cambiamenti atmosferici. Tema privilegiato della poetica palizziana è il mondo bucolico animato da armenti e pascoli rigogliosi, declinati con intenso sentimento poetico, come è apprezzabile nel dipinto rappresentante Pastorella (olio su tela, 1874, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), dove sono proprio l’ariete e le pecore in primo piano, di cui viene restituita magistralmente la morbidezza del manto, a rivolgere il loro sguardo allo spettatore.
Assai rara la produzione del pittore nel genere religioso e della pittura di storia in generale, per il quale può comunque citarsi il giovanile Ettore Fieramosca (olio su tela, 1856, Vasto, Pinacoteca Civica) ispirato ai modi di Délacroix nei bagliori sulfurei e nella generale tensione drammatica.