Il pittore Plinio Nomellini nacque a Livorno il 6 agosto 1866 e si formò presso la Scuola di Arti e Mestieri della città, in seno alla quale nel 1885 riuscì ad ottenere un vitalizio comunale con cui poté recarsi a Firenze. Nel capoluogo fiorentino l’artista si iscrisse all’Istituto di Belle Arti studiando con Giovanni Fattori, dove conobbe Pellizza da Volpedo e poté entrare in contatto con le ricerche luministiche dei macchiaioli. Tali suggestioni possono già riscontrarsi nel dipinto rappresentante Il fienaiolo (olio su tela, 1888, Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori), in cui colori puri sono stesi per filamenti accostati, presentato all’Esposizione Universale di Parigi del 1889. A seguito di un viaggio a Genova nel 1890 il pittore entrò all’interno di circoli anarchici che lo portarono ad interessarsi di tematiche sociali e del lavoro – ma anche a farlo carcerare nel 1894 -, che confluiscono in opere come Piazza caricamento (olio su tela, 1891, Cassa di Risparmio di Tortona), esposto all’Esposizione Triennale di Brera del 1891.
Divenuto l’animatore del circolo artistico letterario noto come “Gruppo di Albaro”, Nomellini partecipò all’Esposizione Nazionale di Torino del 1898 con opere come Ore quiete (olio su tela, collezione privata) caratterizzato dall’intimista dissoluzione della figura nella luce.
Al 1907 risale la decorazione, insieme a Chini, Previati e De Albertis, della sala del Sogno per la Biennale di Venezia, di cui faceva parte Garibaldi (olio su tela, 1907, Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori), una riflessione del pittore sul mito del Risorgimento volta a evocare la grandezza del passato e auspicare un analogo futuro.
Nel 1910 il pittore presenziò all’Esposizione Universale Internazionale di Bruxelles mentre nel 1913 fu tra gli organizzatori della I Esposizione della Secessione romana.
Nomellini partecipò a quasi tutte le mostre del “Gruppo Labonico”, nato nel 1920 con lo scopo di perpetrare l’eredità di Fattori e Puccini, e di cui divenne presidente nel 1928 partecipando attivamente alla vita del Museo Civico Giovanni Fattori.
Morì a Firenze l’8 agosto 1943.
Improntatosi inizialmente ad un divisionismo dal taglio fotografico e impegno socialista, Nomellini approdò successivamente ad un lessico simbolista e ad una linea serpentina che modula i contorni Liberty delle figure, inserite in una natura panica e teosofica, che trascende il dato naturale. Ciò è particolarmente verificabile in dipinti come Ninfa rossa (olio su tela, 1900-1901, collezione privata) dalla tavolozza vivace ma completamente antinaturalistica che ne esalta le componenti di lirico simbolismo.
Opere più mature mostrano Nomellini impegnato nell’aspirazione ad essere qualificato come il “pittore della patria” e del regime, aderendo al fascismo con convinta partecipazione e con l’ambizione di interpretarne in chiave figurativa gli ideali, come dimostra fin dal titolo Incipit Nova Aetas (olio su tela, 1824, Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori), che narra in chiave festosa il primo anniversario della Marcia su Roma.