Il pittore Jakob Philipp Hackert nasce a Prenzlau il 15 settembre 1737 e viene avviato alla carriera artistica dal padre Philipp, ritrattista e pittore di animali, continuando poi la propria formazione a Berlino con lo zio Johann Gottlieb dal 1753 e con Blaise Nicolas Le Sueur a partire dal 1755, che lo indirizza verso la pittura di paesaggio.
Nel 1762 Hackert conosce il barone Adolf Friedrich von Olthof che lo invita presso la sua dimora di Stralsund, che il pittore decora con una serie di paesaggi, alcuni dei quali ancora in situ. Sempre per il barone dipinge l’anno seguente sei grandi quadri rappresentanti vedute dell’isola di Rügen e paesaggi ideali da collocarsi nel castello di Boldevitz. Al 1764 risale il viaggio del pittore in Svezia al seguito del barone, che lo introduce presso la corte di Stoccolma, occasione che gli permette di esplorare l’area dei laghi traendo numerosi studi dal vero. L’anno successivo Hackert si trasferisce a Parigi insieme a Balthasar Duncker, pittore nipote del barone von Olthof, venendo raggiunto nel 1766 dal fratello minore Johann Gottlieb. Nella capitale francese i due pittori si dedicano all’apprendimento della guache e da lì si spostano per compiere viaggi in Piccardia e nella Normandia, per poi soggiornare diversi mesi nella villa di campagna presso Ivry del vescovo di Le Mans, occasione nella quale realizzano numerosi studi.
Appena arrivato a Roma nel 1768 insieme al fratello, il pittore inizia ad esplorare le zone boschive nei dintorni dei Colli Albani, da cui trae numerosi studi e disegni, come testimonia La Galleria di Sopra sulla strada per Albano (penna, matita e acquerello marrone su carta, 1770-1780 ca., Weimar, Klassik Stiftung), località nei pressi della quale Hackert prenderà l’abitudine di affittare un casolare in cui trascorrere i mesi estivi. Al 1777 risale il viaggio in Sicilia in compagnia di Richard Payne Knight, ricco e raffinato conoscitore d’arte, e l’amico Chares Gore, con il quale l’anno successivo si reca nell’Italia settentrionale.
Tra le commissioni di maggior rilievo ricevute dall’Hackert durante il periodo romano va sicuramente menzionato il ciclo di nove dipinti realizzato per la villa Pinciana del principe Marcantonio Borghese, a cui il pittore lavora dal 1779 al 1781 e ad oggi dispersi in varie collezioni private, che contribuirono ad aumentarne la fama e l’appetibilità mecenatizia. Infatti nel 1782 l’artista compie un viaggio a Napoli e viene presentato dall’ambasciatore di Caterina II al re Ferdinando IV, che lo incarica della realizzazione di quattro gouaches aventi per soggetto La mietitura a San Leucio, Il traghetto sul Sele, Il casino di caccia a Persano e La reggia di Caserta vista dal belvedere dei cappuccini (tempera su tela, Caserta, Palazzo Reale). Ha inizio così per l’Hackert un proficuo rapporto con la corte borbonica, che lo porta nel 1786 a trasferirsi definitivamente nella città partenopea con il ruolo di pittore di corte. Nel 1787 l’artista fa anche l’incontro con Goethe, che gli si legherà di stretta amicizia e scriverà la sua biografia, con il quale si reca a Roma per supervisionare il trasferimento a corte delle statue della collezione Farnese. L’anno seguente Hackert riceve una delle più importanti commissioni da parte del sovrano, che lo incarica di dipingere delle vedute con i porti del Regno di Napoli, occasione che porta il pittore a recarsi in Puglia, in Calabria e in Sicilia per eseguire i disegni preparatori – la serie, che consta di diciassette dipinti, è tuttora conservata presso la reggia di Caserta.
Con l’occupazione della città da parte dei francesi nel 1799 il pittore è costretto a riparare a Firenze, dove acquista nel 1803 una tenuta a Careggi e muore il 27 aprile 1807.
Tra le figure più influenti della pittura di paesaggio del XVIII secolo, Hackert, partendo dalle premesse postulate dalla tradizione paesaggistica del secolo precedente che ebbe il suo vertice in Claude Lorrain, riformò il genere creando a sua volta un vero e proprio canone con cui saranno costrette a confrontarsi generazioni di pittori. Tra i soggetti più frequentati dall’artista, che in questo mostrò di condividere una fascinazione per l’amenità del luogo assai diffusa tra i pittori dell’epoca, sono le vedute eseguite nei pressi di Tivoli, di cui si conoscono numerose varianti. In Veduta di Tivoli con la cascata dell’Aniene (olio su tela, 1769, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini) il punto di vista piuttosto ravvicinato permette al pittore di far percepire tutta la potenza dello scroscio dell’acqua e l’imponenza quasi soverchiante della natura, mentre in redazioni dal taglio più scenografico, come nella Veduta delle cascate nei pressi di Tivoli (olio su tela, 1785, Amburgo, Kunsthalle) lo sguardo può svagarsi su panorami idilliaci dall’atmosfera trasparente.