Il pittore Giovanni De Min nacque a Belluno il 24 ottobre 1786 e venne avviato alla pratica artistica da Francesco Maria Colle, professore presso l’ateneo di Padova (la madre dell’artista era la sua governante) che lo introdusse all’età di dieci anni nello studio di Ludovico Sergnano. Morto quest’ultimo nel 1797, De Min si rivolse all’incisore Paolo Filippi per completare la propria formazione, finché nel 1803 non si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove poté seguire le lezioni di Lattanzio Querena avendo come compagno Francesco Hayez. I due divennero presto sodali assai affini per orizzonti culturali e ambizioni professionali, frequentarono lo studio del pittore Pietro Tantini e nel 1809 riuscirono ad ottenere il pensionato per recarsi a Roma grazie al sostegno di Leopoldo Cicognara. Nell’Urbe il pittore venne assorbito all’interno del prestigioso e fecondo cenacolo artistico che era l’Accademia del Regno d’Italia di Palazzo Venezia diretta da Canova, potendosi cimentare nello studio dell’Antico e nella copia dei grandi maestri del passato.
Con il suo saggio di pensionato del 1812, l’Aiace (olio su tela, Belluno, Museo Civico), il pittore dimostra di aver già raggiunto capacità tecniche elevatissime, padroneggiando con maestria gli impasti cromatici e modulando con finezza le ombre, come da miglior tradizione veneta.
Prima del definitivo ritorno a Venezia nel 1817, De Min partecipa a quel fausto cantiere diretto da Canova stesso che fu la decorazione della Galleria Chiaramonti, nel quale molti giovani artisti promettenti vennero coinvolti con lo scopo di concedere loro un esordio “pubblico” e prestigioso, realizzando la lunetta con il Genio della Pittura. Iniziò durante questo periodo la sua attività di decoratore, e sebbene le prime prove del pittore siano andate perdute – affreschi in casa Papadopoli a Venezia e in casa De Rudio Navasa a Belluno – la maturazione della sua personalità artistica può apprezzarsi negli affreschi eseguiti nel 1818 per il conte Luccheschi a Serravalle, dove realizza scene mitologiche a sfondo amoroso: Zefiro e Flora, Il giudizio di Paride e Le Grazie e Amore.
A partire dagli anni Venti il pittore inizia la sua – dilatata nel tempo – attività per la chiesa di Santa Giustina in Villagrande di Auronzo: nel 1828 consegna la grande pala d’altare con la Resurrezione di Lazzaro, del 1834 sono invece La profanazione del tempio e Le anime purganti, mentre agli ultimissimi anni di vita appartengono gli affreschi con La trasfigurazione, L’incoronazione della Vergine e Le virtù teologali (1855). Dopo una non molto fortunata parentesi milanese, il pittore torna a Belluno dove realizza gli affreschi di tematica civile nella sala consigliare del Palazzo Civico (1838-39), che gli garantirono un immediato successo sulla scena locale, e da cui derivò la più importante e prestigiosa commissione: il ciclo di affreschi nell’Aula Civica di Ceneda (1841-1844).
Morì il 25 novembre 1859 cadendo dalle impalcature allestite per la decorazione della parrocchiale di Tarzo, presso Ceneda.
Artefice della mediazione in terra veneta delle novità introdotte dalla corrente nazarena, De Min occupò gran parte del suo impegno artistico nella decorazione parietale ad affresco, raggiungendo il suo apice nei lavori eseguiti a stretto contatto con Francesco Hayez. A Palazzo Papafava a Padova il pittore dispiega con sapienza un repertorio neoclassico composto da cromie vigorose, gesti monumentali ed espressioni caricate, il tutto in ambientazioni classicheggianti e solenni. Tale condotta espressiva è riscontrabile anche nel bellissimo disegno raffigurante Merope cerca di uccidere Epito transitato presso la Galleria (penna, biacca e inchiostro su carta), dove l’essenzialità dell’ambientazione viene esaltata da un’atmosfera quasi onirica. Di tutt’altra caratura è invece lo studio per il ciclo ad affresco dedicato a Napoleone nel palazzo della contessa di Saymoloff – impresa che venne aspramente criticata – rappresentante L’apoteosi di Canova, anch’esso trattato dalla Galleria (1833, matita, penna, acquerello e bianco di piombo su carta), che rassembra nella concezione spaziale e nella rotondità data dagli effetti luministici un bassorilievo antico.
In riferimento all’arte sacra prodotta dal pittore, può citarsi il ciclo di affreschi realizzato tra 1845 e 1848 nella chiesa parrocchiale di San Vigilio di Pove del Grappa, dove sulla volta della navata De Min rappresenta La creazione dell’uomo, La nascita di Gesù e Il Giudizio Universale. Formalmente giocato su canoni neoclassici mitigati su istanze puriste, nel caotico aggrovigliarsi di corpi nella parte inferiore del Giudizio possono leggersi riflessioni sulla pittura barocca; mentre nella parte superiore, che viene a qualificarsi anche simbolicamente come la sua controparte, le figure si fanno più leggiadre, i gesti più composti e contratti.
Più tipicamente settecentesco appare un altro Giudizio Universale, quello che il pittore aveva realizzato nel 1824 nella chiesa parrocchiale di Paderno, che mostra più marcate inflessioni verso il neoclassicismo d’area lombardo-veneta nelle figure allungate quasi incorporee, anche se la composizione a tratti schizofrenica denuncia i limiti di questa pur notevole impresa.
Giovanni De Min Belluno 1786–Tarzo 1859 Study for the Fresco Cycle Devoted to Napoleon in the Palace of the Countess Samoyloff in Milan: the Celebration of Napoleon portrayed by Canova among the Great Men in the Arts, Sciences and Politics from Antiquity to Present (Raphael, Dante, Galileo, Colombus, Galen, Fidia, Alexander the Great, Socrates, Canova,…