Il pittore Giacinto Gigante nacque a Napoli l’11 luglio 1806, figlio di Gaetano, frescante formatosi con Giacinto Diano sulla scia di un classicismo batoniano, che intorno ai 12 anni lo avviò alla pratica artistica. A partire dal 1820 Giacinto frequentò lo studio di J. W. Hüber, che lo introdusse all’uso dell’acquerello, dell’acquatinta e della camera ottica, che permetteva di delineare i contorni dei paesaggi consentendone così una riproduzione ad incisione di molteplici esemplari, poi ritoccati con l’acquerello. Grazie a questa esperienza formativa il pittore poté essere da lì a breve impiegato dal Reale Officio Topografico come disegnatore di mappe, in seno al quale peraltro dal 1818 si era cominciata ad adoperare in maniera sperimentale la litografia, tecnica che il Nostro iniziò dunque a frequentare con sempre più costanza. In ottemperanza allo svolgimento degli incarichi richiestigli dall’Officio, tra il 1822 e l’anno seguente Gigante compì numerose ricognizioni nei dintorni di Capri e Ischia, da cui trasse disegni conservati presso i musei napoletani di Capodimonte e San Martino.
Intanto dal 1821 il pittore aveva fatto il suo ingresso all’interno della bottega di Anton Sminck van Pitloo, artista olandese che stava rivoluzionando in senso emotivo la pittura di paesaggio, dal quale Gigante apprese la pennellata libera e il superamento nella veduta del mero dato descrittivo, come dimostra la prima opera dipinta, Il lago Lucrino (olio su tela, 1824, Napoli, Museo di San Martino), caratterizzata da un tocco grasso e denso d’ascendenza nordica. Ad aprile del 1826 il Nostro si recò a Roma, dove frequentò l’acquerellista Wolfenberger e dipinse alcune vedute, che al ritorno a Napoli espose alla prima Mostra di Belle Arti allestita presso il Real Museo Borbonico. L’anno seguente, per evitare il servizio di leva, il pittore partecipò al concorso accademico, che vinse con l’opera Casa rurale con cespugli e boscaglie, donata successivamente all’olandese Hanselaere e ad oggi dispersa. Il periodo che va dal 1829 al 1832 è caratterizzato dall’intensificarsi dell’attività grafica di Gigante, che partecipa da protagonista – realizzando numerose litografie e disegni – sia al Viaggio pittorico nel Regno delle Due Sicilie che all’Esquisses pittoresques et decriptives de la ville et environs de Naples. Grazie all’amicizia col pittore Ščedrin, con il quale si recava a dipingere vedute nei dintorni di Napoli, il Nostro iniziò ad intessere rapporti sempre più fruttuosi con la facoltosa committenza russa, presso la quale divenne ben presto il pittore preferito, come documentano i numerosi dipinti conservati a San Pietroburgo (Panorama di Napoli, 1845; Golfo di Napoli, 1849) e a Omsk (Veduta di Napoli), nonché i disegni con i ritratti del Conte Potocki e del Principe Hotgetrouby e le due tele eseguite direttamente per lo zar Nicola I, Veduta del golfo di Napoli da Villa Graven (olio su tela, 1843) e La veduta di Napoli dalla tomba di Virgilio. Durante le insurrezioni antiborboniche del 1848 l’artista si rifugiò a Sorrento dedicandosi allo studio cromatico della vegetazione circostante, tornando a Napoli all’inizio del decennio successivo e ricevendo l’incarico di insegnare pittura alle figlie di Francesco I.
Nel 1867 il pittore si recò a Parigi, dove aveva presentato all’Esposizione Universale il suo acquerello avente per soggetto la Cappella di san Gennaro al Duomo durante il miracolo del sangue (pittura a tempera e biacca su carta, Napoli, Museo di Capodimonte), a cui aveva iniziato a lavorare nel 1860 su istanza del nuovo sovrano Vittorio Emanuele II.
Morì a Napoli il 29 novembre 1876.
Ritenuto dalla critica il principale esponente della Scuola di Posillipo, Gigante partendo dalla tradizione del vedutismo settecentesco seppe trasformare in senso lirico e sentimentale il genere del paesaggio storico, pur mantenendo una spiccata precisione topografica dei luoghi raffigurati. Caratteristica della produzione giovanile del pittore è l’utilizzo di una pennellata trasparente e di colori liquidi funzionali alla resa limpida della rappresentazione, apprezzabile nel dipinto Marina d’Ischia (olio su tela, 1825, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), che ancora non possiede quel taglio scenografico d’ampio respiro tipico della sua produzione più matura. Attento osservatore della natura e delle variazioni luministiche, che il Nostro studiava en plain air per coglierne i lirismi atmosferici, durante quella che viene considerata la “maniera rosa” del pittore – per la calda luce rosata del tramonto che avvolge il paesaggio – Gigante portò alla massima maturazione il suo linguaggio figurativo. In Marina di Posillipo (olio su tela, 1844 ca., Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), pur nella sua precisione descrittiva, la veduta si fa esperienza emotiva in chiave romantica, in cui tonalità cromatiche limpide rendono l’atmosfera trasparente e suggestiva.