Il pittore Giovanni Fattori nasce a Livorno il 6 settembre 1825 e si forma inizialmente con Giuseppe Baldini. Nel 1845 si trasferisce a Firenze dove segue le lezioni private di Giuseppe Bezzuoli e si iscrive all’Accademia di Belle Arti. È al tempo di questo periodo formativo che l’artista si avvicina ai circoli democratici e rimane assai segnato dai tragici eventi del 1848. Proprio in quell’anno apre però a Firenze il famoso Caffè Michelangelo, luogo che diverrà il simbolo della nascita della corrente macchiaiola, che Fattori frequenterà con assiduità e nel quale ha modo di conoscere negli anni Telemaco Signorini, Nino Costa, Serafino De Tivoli, Odoardo Borrani e la futura moglie Settimia Vannucci. Il gruppo di giovani artisti era accomunato dall’idea che le forme visibili non fossero empiricamente oggettivate attraverso una netta linea di contorno, ma bensì dalla luce, e che quindi la pittura dovesse risolversi in macchie di colore affiancate l’una all’altra, con la conseguente abolizione dello sfumato. Da queste premesse nascono le sperimentazioni luministiche svolte en plain air, e il gruppo spesso si reca in località amene per compiere dal vero studi sulla natura e sugli effetti atmosferici. Tuttavia, ancora negli anni ’50, la produzione del pittore è incentrata su tematiche storico-letterarie di derivazione romantica, che trova il suo apice nel dipinto rappresentante Maria Stuarda al campo di Crookstone (olio su tela, 1859-1861, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti).
Fattori ottiene un primo importante riconoscimento pubblico partecipando, su sollecitazione di Nino Costa, al concorso bandito nel 1859 dal Governo Provvisorio di Ricasoli per i migliori dipinti che avessero per soggetto episodi della recente guerra nazionale, che il Nostro vince presentando due bozzetti della Battaglia di Magenta. La commissione giudicatrice seleziona alla fine quello oggi conservato presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma, da cui il pittore doveva partire per redigerne una versione definitiva – che oggi si trova a Firenze, Palazzo Pitti – a cui però fu invitato ad apportare delle modifiche, cosicché l’artista si recò sui luoghi della battaglia per trarne studi dal vero. Con l’aggravarsi dei problemi di salute della moglie, malata di tisi, il Nostro torna a vivere a Livorno, dove continua l’attività pittorica realizzando tra le altre opere le Acquaiole livornesi (olio su tela, 1865, Livorno, collezione Angiolini)
Morta la moglie nel 1867 Fattori trascorre l’estate ospite nella tenuta di Castiglioncello di Diego Martelli, dove esegue il dipinto La signora Martelli a Castiglioncello (olio su tavola, 1867, Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori) caratterizzato da un’ampia inquadratura che permette di scorgere una vasta porzione del paesaggio della zona e costruito con macchie di colore affiancate. L’artista frequenta con regolarità la tenuta del critico fiorentino fino al 1875, divenuta luogo privilegiato dai macchiaioli per affinare le loro sperimentazioni sui rapporti tra luce, forma e colore.
Nel 1882 il pittore soggiorna presso la tenuta “La Marsiliana” del Principe Tommaso Corsini, dove oltre a dare lezioni di pittura alla figlia rimane assai affascinato dagli scorci della campagna maremmana e dalla durezza della vita dei mandriani, occasione per eseguire numerosi studi e schizzi presi dal vero. Da questa esperienza così catalizzante e impressiva nacquero opere come Mandrie maremmane (olio su tela, 1893, Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori), in cui un buttero avanza alla testa di una mandria di vacche bianche, descritte nel loro disordinato movimento attraverso pennellate brevi e sfaldate.
Nel 1869 il pittore viene gratificato dalla nomina di professore corrispondente presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, divenendone nel 1880 professore onorario come assistente del titolare della cattedra di pittura Giuseppe Ciaranfi. La sua notorietà raggiunge il massimo prestigio durante l’ultimo ventennio del secolo, quando espone e vince riconoscimenti in numerose rassegne nazionali ed estere, come per esempio a quelle di Vienna e Dresda. La sua attività rimane intensa e dipinge con assiduo fervore ed entusiasmo fino agli ultimi istanti di vita, esponendo per altro con regolarità alle Biennali di Venezia fin dalla prima edizione del 1895.
Muore a Firenze il 30 agosto 1908.
Considerato il padre della corrente dei Macchiaioli e il suo esponente di più alta portata, Fattori dedicò gran parte della propria attività a dipingere i paesaggi della sua amata Toscana, come documenta tra gli altri La libecciata (olio su tavola, 1880-1885, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), che raffigura con estremo verismo ed efficacia atmosferica un tratto della costa livornese battuta dal vento, in cui Fattori riesce a trasporre con una pennellata densa e vibrante l’azione di un vento che “cala come un falco sulle vele […]. Il suo sibilo lungo e rabbioso, tagliente come un falcetto, recide l’erba dei pascoli marini“, come lo ebbe a descrivere Curzio Malaparte.
Assai fortunata e molto frequentata dall’artista fu la pittura di soggetto militare legata alle Guerre d’Indipendenza, con la quale Fattori riuscì a rinnovare il genere storico grazie ad un’impostazione antiretorica ed alla costante attenzione verso la verità dei fatti, in cui la scabrosità della materia diventa il tramite per comunicare senza filtri eventi che, più che narrati, vengono “testimoniati”. Esemplifica al meglio tale produzione La battaglia di Custoza (olio su tela, 1880, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna) a cui il pittore lavorò dal 1876 al 1880 in un vasto ambiente messogli a disposizione nell’Accademia di Belle Arti di Firenze su diretta volontà del Ministero della Pubblica Istruzione. L’opera, presentata all’Esposizione Nazionale di Torino del 1880, venne criticata per le tonalità cromatiche tendenti al grigio e al violaceo e per l’inconsistenza delle figure, mentre il paesaggio spiccò come la parte meglio riuscita. A tale filone narrativo appartiene un’opera trattata dalla Galleria raffigurante un Accampamento militare (inchiostro grigio acquerellato su carta) impostata su una diagonale prospettica che dona movimento alla scena.
Fattori si espresse anche nel genere del ritratto, tra cui si può menzionare il Ritratto della prima moglie (olio su tela, 1865 ca., Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), che testimonia della conquista da parte del pittore di un’autonomia stilistica sia rispetto all’eredità romantica che a quella purista, assai apprezzato per la sottigliezza psicologica e la sensibilità con cui viene ritratta Settimia Vannucci, al tempo del dipinto già gravemente malata e prossima alla morte.