Lo scultore e uomo politico Ettore Ferrari nacque a Roma il 25 marzo 1845 da Filippo, anch’egli scultore e incisore, che lo avviò alla pratica artistica e gli trasmise l’accesa passione per l’attivismo politico: il padre di Ettore era infatti stato carbonaro e aveva partecipato alla difesa di Roma nel 1849. Laureatosi in Giurisprudenza, l’artista frequentò successivamente i corsi dell’Accademia di San Luca, dove si fece presto notare nel 1868 vincendo il primo premio del Concorso Albacini con un bozzetto in terracotta rappresentante Labano accoglie amorevolmente Giacobbe. Già a queste date il suo spirito ribelle, antipapalino, si fondeva con assoluta coerenza al linguaggio adottato nella propria attività scultorea, tanto che Ferrari innesta su basi puriste espressività neobarocche d’ascendenza berniniana in diretta polemica contro il conformismo accademico. È da ricordare infatti come l’anno precedente lo scultore avesse preso parte al fallito attacco insurrezionale del 22 ottobre 1867, che aveva avuto lo scopo di abbattere il potere papale, che può considerarsi la prima tappa del suo costante impegno politico di fede repubblicana. Probabilmente sono da imputare proprio alle convinzioni politiche compromettenti dell’artista le difficoltà incontrate ad inizio carriera, che lo videro escluso dal concorso del 1873 per la realizzazione di quattro statue da collocarsi al Verano. Due anni dopo l’occasione di farsi notare artisticamente giunse allo scultore dalla Romania, che gli commissionò il Monumento al poeta Heliade Radulesco (bronzo, 1877, Bucarest) e la statua di Ovidio per Costanza, terminata nel 1879, due opere in cui la funzione monumentale viene amplificata da un lessico realista. Nel 1880 Ferrari vinse il concorso per l’esecuzione di una scultura di Vittorio Emanuele II a cavallo per Venezia, ultimata nel 1887, che diede il via alla realizzazione di monumenti pubblici di vari uomini politici nelle principali piazze italiani: si ricordano quelle di Garibaldi a Vicenza (1886), Pisa (1892) e Cortona (1895); di Giuseppe Verdi a Philadelphia (1887); di Quintino Sella a Roma (1893) e di Giuseppe Mazzini sull’Aventino (1902-1911).

Nel 1877 lo scultore è eletto per la prima volta Consigliere Comunale dai democratici, carica che con intervalli ricoprirà fino al 1907 occupandosi principalmente di questioni artistiche, come la fondazione del Palazzo delle Esposizioni, mentre nel 1882 fu eletto deputato nel collegio di Perugia II e dal 1899 al 1900 fu membro del Comitato Centrale del Partito Repubblicano. A partire dal 1881 ebbe inizio la “carriera” dello scultore all’interno della massoneria, quando entra nella Loggia Rienzi di Roma, di cui nel 1892 divenne Maestro Venerabile, e scalandone le tappe con l’elezione nel 1896 a Gran Segretario fino a diventare Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1904 al 1917 e Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico dal 1918, conclusasi l’anno seguente come Gran Maestro onorario.

Come uomo politico Ferrari fu un fervente oppositore dell’avanzata dei cattolici e della Triplice Alleanza, antifascista e convinto interventista, che considerava la Prima Guerra Mondiale come il diretto epilogo delle guerre d’indipendenza. Sostenitore del dialogo tra le forze progressiste, organizzò numerosi convegni e riunioni, alcune delle quali tenutesi nel suo studio di Porta Salaria.

Morì a Roma il 19 agosto 1929.

Tra i più rappresentativi e pregevoli esponenti nel campo delle arti visive della narrazione e dell’espressione delle ambizioni del laico stato italiano che seguì l’unità d’Italia del 1861, lo scultore deve gran parte della sua fama ai posteri alla scultura del Giordano Bruno (bronzo, 1889) che ancora oggi può ammirarsi a Campo de’ Fiori a Roma. La Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma conserva il modello finale altamente rifinito (gesso, 1887) di questo monumento per eccellenza dell’anticlericalismo italiano, ideato nel pieno clima della tradizione repubblicana e garibaldina, manifesto della lotta all’oscurantismo della Chiesa. Il modello, al quale Ferrari dovette tornare dopo la bocciatura da parte del Consiglio Comunale, che lo aveva giudicato troppo impetuosamente allusivo del suo pensiero rivoluzionario – il filosofo era stato raffigurato inizialmente con il braccio alzato in atto di protesta -, venne esposto all’Exposition Universelle di Parigi, dove venne sottolineata la sua impostazione classica e la sua solennità.

La Galleria ha trattato uno degli studi dello scultore più pregevoli a voler considerare lo straordinario virtuosismo tecnico che lo connatura, un Cum Spartaco pugnavit (terracotta, 1877) che ha la valenza di una Via Crucis laica, nella quale la narrazione della feroce persecuzione romana evoca una simbolica quanto stretta correlazione con gli eventi storici contemporanei.

Ettore Ferrari – Cum Spartaco pugnavit

Ettore Ferrari Rome, 1845-1929 Cum Spartaco Pugnavit 1877 Terracotta, height 36 cm Initialled and dated: “EF 1877” Provenance: Rome, Bruno Mantura collection Bibliography: Bruno Mantura, Ettore Ferrari. Sculture tra il 1867 e il 1880, in Capitolium, XLIX (1974), 7-8, pp. 41-50; Enrico Guidoni, Il gesto della Rivoluzione. Il Bruto di Ettore Ferrari e la linea…