Tra i principali rappresentanti dell’arte italiana della prima metà del Novecento, il pittore Carlo Carrà nacque a Quargnento l’11 febbraio 1881, iniziando fin dalla giovanissima età a svolgere l’attività di decoratore. Per ampliare i propri orizzonti culturali e figurativi il pittore svolse numerosi viaggi tra Londra e Parigi, recandosi all’Esposizione Universale del 1900 tenutasi nella capitale francese.
Ad inizio secolo il pittore iniziò ad interessarsi di politica e si avvicinò ai gruppi anarchici, che tuttavia abbandonò ben presto, e nel 1906 entrò presso l’Accademia di Brera come allievo di Cesare Tallone, dove conobbe tra gli altri Umberto Boccioni. Tra i più convinti sostenitori del movimento futurista ufficializzato da Marinetti nel 1909 e firmatario nel 1910 del Manifesto dei pittori futuristi, Carrà fu tra i più attivi collaboratori della rivista “Lacerba”, in seno alla quale diede voce alle proprie teorie estetiche e ideologiche.
Nel 1913 l’artista pubblicò un manifesto dal titolo La pittura dei suoni, rumori, odori, in cui asserì che la pittura deve riuscire ad esprimere tali sensazioni, giungendo così ad una quasi totale astrazione delle forme, testimoniata da un’opera come Manifestazione interventista (collage, olio su carta e cartone, 1914, Venezia, Collezione Peggy Guggenheim), dove le parole onomatopeiche evocano la confusione di una manifestazione politica. Travolto da un’iniziale attività interventista piuttosto intensa, l’esperienza della guerra si rivelò in realtà per il pittore assai destabilizzante, tanto che nel 1917 finì ricoverato a Ferrara per complicazioni nervose, dove conobbe De Chirico e De Pisis, con i quali definì i principi teorici della Metafisica. A partire dal 1918 ha inizio la collaborazione di Carrà con la rivista d’arte contemporanea “Valori plastici”, diretta dal pittore e critico Mario Broglio, partecipazione che porterà avanti fino al 1922 e in seno alla quale professerà l’esigenza di un recupero formale equilibrato in aperta antitesi con le Avanguardie. Ben presto tuttavia il pittore si allontanò da qualsiasi movimento organizzato con lo scopo di “essere soltanto se stesso”, dando vita ad un’arte contemplativa che recuperasse un rapporto intimo con le cose.
Morì a Milano il 13 aprile 1966.
Avvicinatosi in un primo momento con convinzione alla corrente futurista, il personale apporto di Carrà al movimento venne a sostanziarsi attraverso ritmi lineari accentuati che coinvolgono lo spettatore all’interno dell’azione, spesso dai ritmi concitati ed emotivamente travolgenti. Ciò è particolarmente ravvisabile nell’opera raffigurante I funerali dell’anarchico Angelo Galli (olio su tela, 1910-1911, New York, Museum of Modern Art), dipinto straordinario per l’equilibrio di forme e colori, in cui le direttrici si accumulano verso il centro provocando un effetto di violenta dinamicità.
In una fase più matura della carriera del pittore, che può farsi coincidere con l’inizio della collaborazione sulla rivista “Valori Plastici” e la vicinanza con pittori quali Sironi e Morandi, l’arte di Carrà si volgerà verso un recupero dei valori formali e tecnici del passato, in un ripudio delle sperimentazioni avanguardistiche. Tale nuovo orientamento stilistico, che si andò allineando al movimento che prese il nome di “Realismo magico”, è significativamente espressa nel dipinto Il pino sul mare (olio su tela, 1921, Roma, collezione privata), caratterizzato da una semplicità compositiva quasi ieratica, in un’atmosfera di sospesa solitudine che ospita oggetti prosaici, banali, formalmente ispirati alla pittura di Giotto e dei Primitivi.
Intervallata da queste due fasi d’attività creativa si situa la parentesi metafisica del pittore, che fu piuttosto breve, dal 1916 al 1921, anno in cui firma l’ultima L’amante dell’ingegnere (olio su tela, Milano, collezione privata), caratterizzata da un lessico indipendente rispetto a quello di De Chirico seppur affine per impostazione concettuale.