Il pittore Giuseppe Cammarano nacque il 4 gennaio 1766 a Sciacca poiché il padre, attore comico residente a Napoli, si era recato in Sicilia con la compagnia teatrale. Dopo aver frequentato da bambino il palco del teatro San Carlino di Napoli, Cammarano preferì indirizzarsi alla pratica artistica, ed iniziò a frequentare lo scenografo del San Carlo Domenico Chelli. Entrato nella bottega di Fedele Fischetti a cui fece da collaboratore per la realizzazione degli affreschi del camposanto di Pugliano, il pittore iniziò a muovere i primi passi in autonomia dipingendo le figure all’interno degli affreschi che Philipp Hackert aveva licenziato nel Real Casino di Carditello. La collaborazione con il pittore tedesco, che si interessò in prima persona della carriera del Cammarano, fruttò a quest’ultimo il pensionato romano, così da entrare in contatto con il neoclassicismo internazionale di Sabatelli e David. Tornato in patria dopo solo due anni per problemi di salute, il pittore aprì una scuola privata, ma non riuscì ad ottenere la cattedra di pittura presso l’Accademia partenopea a seguito della domanda rivolta al Ministero dell’Interno nel 1799. I desideri del Cammarano vennero esauditi nel 1806 da Giuseppe Bonaparte, che lo nominò vicedirettore dell’Accademia, sebbene la carica venne soppressa appena cinque mesi dopo. Rimasto all’interno dell’istituzione nelle vesti di “maestro di pittura”, con la riforma del 1822 il pittore venne riassegnato al genere del paesaggio, a lui poco congeniale, rimanendo successivamente privo di incarichi fino al 1827, quando gli fu assegnata la cattedra di disegno.
Scarse sono le notizie della sua attività a cavallo tra XVIII e XIX secolo, quando a partire dal 1814 ebbe inizio la sua intensa attività al servizio dei Borbone. Decorò con il fratello Antonio alcuni ambienti della Reggia di Caserta, tra cui il soffitto della sala del Consiglio con Minerva che premia le arti e le scienze e le volte della camera da letto del re con Teseo uccide il Minotauro. Del 1819 è l’affresco in un salone di Palazzo Reale che raffigura Minerva che premia le Virtù, mentre dell’anno seguente è la grande tela con Francesco di Borbone insieme alla famiglia rende omaggio al busto di Ferdinando I (1820, olio su tela, Caserta, Palazzo Reale), un ritratto di gruppo dai toni bonariamente ingenui. Tra le ultime imprese del pittore vanno citati gli affreschi in Palazzo Colonna di Stigliano (1832, Apoteosi di Saffo) e quello nell’abside della Cattedrale di Caserta (1843, Ultima Cena).
Morì a Napoli il 2 ottobre 1850.
Tra i principali esponenti del neoclassicismo partenopeo, il lessico del Cammarano risulta partecipe di un classicismo che reinterpreta con gusto moduli raffaelleschi, a cui pure non viene negato l’eco di graziosità rococò. Artefice di una pittura raffinata esaltata da un vivace luminismo, queste caratteristiche vengono magistralmente messe in opera in dipinti con tematiche storico-mitologiche, come nel Teseo a riposo dopo aver ucciso il Minotauro (affresco, Caserta, Palazzo Reale), in cui l’eroe è presentato in una posa plastica mutuata dalla statuaria classica, mentre le affinità con la pittura di Carstens testimoniano dell’eclettismo del Cammarano. Di significativa rilevanza per la qualità sempre sostenuta anche la sua produzione grafica, che esalta attraverso il sapiente uso dello sfumato la plasticità di figure eroiche e vigorose, e che risente molto dello studio del nudo praticato a Roma.
Nel genere del ritratto, tra le opere più riuscite del pittore spicca quello di Carolina Bonaparte realizzato per Gioacchino Murat nel 1813 (olio su tela, Roma, Museo Napoleonico), dove la regina dal viso tondo e i tratti graziosi è seduta, a riposo e con un libro in mano, in un paesaggio ameno.