Il pittore Domenico Aspari nasce a Milano il 4 agosto 1745 e grazie all’interessamento di Pietro Venini ottiene un pensionato presso l’Accademia di Belle Arti di Parma, dove ottenne un premio per un’accademia di nudo. Successivamente l’Aspari studiò con il pittore Giuseppe Baldrighi e con l’incisore Pietro Martini. Tra le prime prove autonome del pittore figurano alcuni dipinti per il Palazzo Ducale di Mantova, dei quali tuttavia non sono riuscito a rintracciare ulteriori dettagli.
Tornato a Milano nel 1765, a causa della scarsità delle commissioni l’Aspari si dedicò prevalentemente all’attività incisoria, che gli permetteva guadagni maggiori e sicuri. Tra le sue produzioni più fortunate si ricordano quelle per la traduzione italiana della Storia delle arti del disegno del Winckelmann (1779) e le illustrazioni per la Corneide di De Gamerra (1773). Nel 1776, grazie alle istanze del conte di Firmian, l’Aspari viene nominato professore degli elementi di figura all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove insegnò fino al 1826.
Fu durante gli anni dell’occupazione francese che il pittore tornò ad occuparsi della pratica pittorica, eseguendo decorazioni per gli apparati effimeri in occasione delle feste repubblicane e partecipando al concorso di pittura bandito per celebrare l’edificazione del Foro Bonaparte, ottenendo con il dipinto allegorico La riconoscenza della Repubblica Cisalpina (olio su tela, 1802, Bologna, Accademia Clementina) un premio di 600 zecchini. Il riconoscimento per una lunga carriera nell’attività didattica venne magnificato con la medaglia d’oro concessagli dall’imperatore Francesco I d’Austria. Agli anni della sua ultima fase d’attività gli viene assegnato il progetto per il rifacimento di casa Atellani del 1823, caratterizzato da un’armonia composta tipicamente neoclassica.
Morì a Milano l’8 aprile 1831.
Sebbene il pittore dedicò gran parte dei suoi sforzi in campo artistico nella produzione di incisioni illustrative, la sua attività pittorica deve essere in realtà ancora in gran parte indagata. Le poche prove fino ad oggi note del pittore mostrano infatti qualità tutt’altro che scadenti e ricusabili, come mostra il bellissimo Autoritratto del 1805 (olio su tela, Milano, Accademia di Brera), dove il pittore si mostra spigliato nell’intento di mostrare il frutto del proprio lavoro – un foglio inciso -, che risulta per ideologia e qualità pittorica assai simile ai modi di Andrea Appiani.
L’opera che tuttavia rese celebre il nome dell’Aspari fu la serie con Vedute di Milano eseguite a bulino e all’acquaforte tra il 1786 e il 1792, giudicate per qualità esecutiva e sapienza inventiva al pari di quelle del Piranesi.