Pelagio Palagi
Bologna 1775 – Torino 1860
Cola di Rienzo che spiega le antiche epigrafi ai romani, 1829
Inchiostro bruno acquerellato su carta marrone, mm 266 x 366
Firmato in basso a sinistra: “Palagi”
Iscritto in basso al centro: “Cola di Rienzo spiegando i monumenti dell’antica libertà , eccita il popolo a scuotere il tiranico giogo dei baroni romani (Muratorio)”; in basso a destra:“par Palagi peintre de Bologne / Novembre 1829”
Del disegno è noto un modelletto ad olio con varianti (olio su tavola, cm. 44,5 x 58,5; Novi Ligure, collezione privata) eseguito da Palagi intorno al 1828 per il celebre banchiere e armatore genovese Giovanni Peloso, collezionista di Hayez, Palagi, Molteni, Migliara, la cui effige è stata immortalata in un ritratto di Hayez esposto a Brera nel 1824 (Mellini 1992, pp. 398 – 399, fig. 168).
Una volta trasferitosi a Milano nel 1816,dove sarebbe rimasto fino al 1832 per spostarsi poi a Torino e divenire artista prediletto dalla committenza sabauda, nel genere storico Palagi si faceva autorevole sostenitore di un conciliante “compromesso romantico” che ambiva a mitigare le prorompenti istanze civili dell’agguerrito schieramento lombardo e a contrastare l’epica travolgente della pittura storica dell’astro incontrastato di Francesco Hayez (Mazzocca 1989).
Iscritto in questi presidi, il tema libertario del Cola di Rienzo – denso di implicazioni democratiche, cui nel 1835 Bulwer-Lytton avrebbe dedicato il romanzo storico Rienzi – veniva trattato nei termini di una maggiore compostezza formale e di un più pacato impianto narrativo al cospetto della prorompente espressività della pittura di colui che sarebbe divenuto, durante gli anni milanesi, il suo maggiore amico e rivale:Hayez appunto.
La studiata, erudita, ineccepibile grammatica neoclassica di Palagi – sebbene aggiornata secondo inedite suggestioni naturalistiche di matrice romantica e virata verso soggetti moderni emblematici più di un aggiornamento tematico, necessario sulla esigente e orientata ribalta milanese, che non di un mutamento di finalità pedagogiche o di sinceri coinvolgimenti emotivi – mutuava dalla statuaria classica, magari l’Apollo del Belvedere, la posa dello stesso Cola di Rienzo, mentre il corollario degli astanti era declinato secondo i modi della grande pittura rinascimentale romana.
Eseguito nel 1829, a ridosso del Colombo licenziato per il conte Giorgio Pallavicino Trivulzio nel 1828 (Milano, Pinacoteca di Brera),come quest’ultimo e la versione dipinta del Cola, il disegno trattava in modo magistrale e perfetto il tema medievale, senza però quella passione emotiva, quella partecipata adesione all’accadimento che nel 1841 gli sarebbe stata rimproverata da Giuseppe Mazzini, rigido critico d’arte.
Bibliografia: inedito.