Il pittore Anton Sminck Van Pitloo – la seconda “o” venne aggiunta al cognome per allinearlo alla pronuncia italiana – nacque ad Arnhem l’8 maggio 1790, e dopo un’iniziale formazione in campo architettonico, frequentò i corsi di pittura dell’acquarellista Hendrik Jan van Amerom nella propria città natale. Grazie ad una borsa di studio concessagli da Luigi Bonaparte l’artista poté studiare dapprima a Parigi, tra il 1808 e il 1811, con Bertin e Bidauld, poi a Roma, dove rimase folgorato dalle atmosfere idilliache e dalla luce folgorante dei tramonti laziali.
Con la caduta di Napoleone e la perdita del sostegno economico nel 1815 Van Pitloo decise di stabilirsi a Napoli, dove aprì una scuola privata di pittura nei dintorni della zona da lui prediletta, la spiaggia di Chiaia. Dopo esser stato nominato nel 1822 professore onorario, nel 1824 il pittore ottenne la cattedra di paesaggio presso l’Istituto Reale di Belle Arti di Napoli, introducendo nell’attività didattica lo studio della natura dal vero, en plein air. Partendo dalle accentuazioni dei valori atmosferici in chiave sentimentale introdotte da Turner e Corot, Van Pitloo seppe aggiornare il linguaggio paesaggistico partenopeo ponendo al centro della nuova poetica l’impressione del dato naturale colta dal vero, che confluiva poi in capolavori del calibro de I templi di Paestum (olio su tela, 1824, Napoli, Museo di Capodimonte).
Morì a Napoli il 1837, vittima di un’epidemia di colera.
Punto di riferimento per la giovane generazione di paesaggisti napoletani che prenderà il nome di “Scuola di Posillipo”, e che vedrà in Giacinto Gigante il suo principale esponente, l’attività pittorica e didattica di Pitloo si rivelò fondamentale per l’introduzione di un’estetica del paesaggio vissuta come esperienza sentimentale dal forte afflato emotivo e un più diretto rapporto con il dato naturale. Tra i capolavori del pittore che esemplificano al meglio questa nuova poetica romantica declinata nel genere del paesaggio è il dipinto raffigurante Castel dell’Ovo a Napoli (olio su tela, 1820-1824) eseguito per Carlo Michele Stuart Fitz-James, duca di Berwick e d’Alba, in cui l’atmosfera limpida dai valori cromatici suggestivi rimanda alle placide e calde luci care alla tradizione paesaggistica francese, rese celebri da Claude Lorrain. Particolarmente personale ed esclusiva anche la sua tecnica esecutiva, che consisteva nel dipingere su fogli di carta successivamente montati su tela o cartone, noti come “carta intelata”, utilizzata da tutti i pittori posillipesi.