Nato a Firenze il 18 agosto 1835 il pittore Telemaco Signorini venne avviato alla pratica artistica dal padre, artista al servizio del Granduca Leopoldo II, per poi iscriversi nel 1852 all’Accademia di Belle Arti del capoluogo mediceo. Maturato ben presto un senso d’insoddisfazione nei confronti di una formazione tradizionalista e rigida, Signorini si allontanò dai dettami accademici per intraprendere una via indirizzata verso un più diretto rapporto con la natura, libero e anticonvenzionale. A partire dal 1855 il pittore prese a frequentare il Caffè Michelangelo, vivace punto di ritrovo per artisti che condividevano il rifiuto per il dettato accademico e culla del movimento macchiaiolo, divenendone presto il più brillante animatore. È a partire da queste date che il Nostro, in compagnia di Odoardo Borrani e Silvestro Lega, iniziò a compiere scampagnate nei dintorni di Firenze per eseguire degli studi en plain air.
Nel 1859 il pittore prese parte come volontario alla seconda guerra d’indipendenza, tornando l’anno successivo in Lombardia per visitarne i luoghi e fare tappa a La Spezia, località dove trascorse alcuni mesi compiendo le prime sperimentazioni sugli effetti di luce e ombra, dando vita a dipinti come Pescivendole a Lerici (olio su tela, 1860, collezione privata), presentato alla Promotrice fiorentina del 1861 dove venne aspramente criticato. In quello stesso anno Signorini si recò a Parigi con Vincenzo Cabianca e Odoardo Borrani rimanendo estasiato dal realismo di Gustave Courbet, fondando poi al ritorno, insieme ai colleghi, la cosiddetta “Scuola di Piagentina”, località nei pressi di Firenze che divenne il luogo prediletto per le loro scampagnate.
Molto importante per l’artista si rivelò anche l’amicizia con il critico Diego Martelli, per il quale illustrò alcuni libri e con cui nel 1867 fondò il “Gazzettino delle Arti e del Disegno”
Nel 1875 Signorini compì un viaggio a Ravenna da cui trasse alcuni quadri, come Sobborgo di Porta Adriana (olio su tela, 1875, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), esposto nel 1877 a Napoli e acquistato dalla Casa Reale, che dimostra l’interesse dell’artista per gli scorci cittadini e le attività urbane.
Nel 1883 l’Accademia di Belle Arti di Firenze contattò Signorini affinché accettasse l’incarico d’insegnante, ma il pittore rifiutò tenendo fede alla propria battaglia contro le coercizioni ufficiali.
Morì a Firenze il 16 febbraio 1901.
Tra i principali esponenti del movimento macchiaiolo e tra i più influenti pittori del secondo Ottocento italiano per via delle sue sperimentazioni sugli effetti luministici, Signorini è considerato quasi il “teorico” della macchia, ossessionato dalla ricerca d’equilibrio nei contrasti tra luci e ombre, come documentano dipinti del calibro di Il merciaio di La Spezia (olio su tela, 1859, collezione privata), in cui gli accostamenti cromatici vengono utilizzati in un quadro di genere, di vita popolare.
Un altro filone figurativo largamente praticato dall’artista è quello riconducibile a tematiche sociali volte a denunciare soprusi e ingiustizie, rappresentato da tele come L’alzaia (olio su tela, 1864, collezione privata) presentato all’Accademia fiorentina nel 1864 e successivamente esposto all’Esposizione Universale di Vienna del 1873, dove ricevé un premio. In una lettera inviata nel 1892 al presidente dell’Accademia di Belle Arti è lo stesso Signorini a spiegarne il significato: i cinque uomini abbronzati e dagli abiti logori compiono uno sforzo disumano, trattati alla stregua di animali da soma, in accordo ad una volontà di denuncia sociale che nel pittore viene stimolata dalla lettura di Pierre-Joseph Prud’hon.