Il pittore Michael Köck nacque a Innsbruck il 27 agosto 1760 e ricevette la sua prima formazione da un artista locale, Peter Denifle, molto apprezzato come insegnante di disegno più che come pittore, per poi trasferirsi nel 1776 a Milano grazie al sussidio concessogli dal conte von Enzenberg. Nella città lombarda il pittore entrò presso lo studio del frescante Martin Knoller, con il quale rimase otto anni divenendo il suo aiutante più apprezzato ed utilizzato nelle numerose imprese decorative licenziate in quegli anni. Nel 1784 Köck fu inviato in qualità di borsista regio imperiale a Roma per perfezionarsi nell’arte pittorica, non lasciando mai più la città dopo il suo arrivo, per altro testimoniato da un disegno di Felice Giani. Il pittore faentino si rivelò il principale punto di riferimento dell’artista nell’Urbe, che a partire dal 1785 lo ospitò nella propria abitazione in vicolo Sant’Isidoro. Il pittore tirolese incentrò, almeno durante i primi anni romani, la propria attività nella copia dei grandi maestri del passato, da Raffaello (una sua copia dell’Urbinate sarà acquistata da Luciano Bonaparte) a Domenichino (famose divennero le sue copie degli affreschi in Sant’Andrea della Valle); fino a ricevere nel 1797 l’incarico di eseguire una replica della Deposizione di Caravaggio requisita dai francesi che gli assicurò fama e celebrità. Intorno alla metà degli anni ’90 Köck compì un viaggio a Bologna, come documentato da un disegno acquerellato rappresentante una Riunione serale dell’Accademia della Pace, e frequentò con profitto l’Accademia de’ Pensieri di Felice Giani, partecipando di quel clima culturale assai variegato e innovativo che dal classicismo internazionale avrebbe portato al maturo Neoclassicismo. Il Nostro si ritrovò dunque a confrontarsi con soggetti ispirati prevalentemente alla storia romana, come dimostrano i disegni rappresentanti Catone ordina al servo di riportargli la spada e Caracalla uccide il fratello Geta fra le braccia della madre (gessetto bianco, penna e inchiostro bruno su carta, Milano, Galleria Stanza del Borgo). Durante gli anni dell’occupazione francese l’artista realizzò un imponente fregio monocromo con le gesta di Napoleone nel salone del palazzo dei Conservatori in Campidoglio, andato distrutto durante la Restaurazione, e venne impegnato nella vasta opera decorativa degli appartamenti dell’imperatore nel Palazzo del Quirinale in vista del suo arrivo in città. Al 1814 risale la nomina del Köck a Ispettore allo Studio dei Mosaici in Vaticano, che nello stesso anno venne ammesso tra gli accademici di San Luca, mentre nel 1817 entrò a far parte della Congregazione dei Virtuosi del Pantheon.
Tra le ultime imprese del pittore vanno citati gli affreschi realizzati tra il 1817 e il 1818 sulla volta della Sala degli Indirizzi nella Biblioteca Chiaramonti in Vaticano e quelli nella Cappella Paolina al Quirinale con San Simone e San Taddeo.
Morì a Roma il 21 dicembre 1825.
Artista gravitante nell’orbita del “caposcuola” del classicismo internazionale romano Felice Giani, dal quale Köck trasse non solo l’iniziale sostegno ma anche sostanziali stimoli ideologico-formali, la sua aderenza ai canoni figurativi promossi in seno all’Accademia de’ Pensieri può verificarsi nel bellissimo disegno giovanile raffigurante Il flagello della peste scelto per tre giorni da re David per l’espiazione dei suoi peccati (penna e inchiostro bruno su carta, 1786 ca., collezione privata), condotto sulla ripresa di modelli classici in una perfetta sintesi di rigore formale, sobrietà e chiarezza compositiva.
Köck dedicò la maggior parte della propria carriera alla pittura di storia, che permetteva di confrontarsi con exempla virtutis dalle valenze morali universali e tematiche classiche, come dimostra il dipinto rappresentante una Scena mitologica (olio su tela, 1806, Düsseldorfer Auktionshaus 2022), in cui i gesti contratti e sobri sono accompagnati da una tavolozza tenue e contrasti chiaroscurali delicati, in completa aderenza ai canoni neoclassici.