Il pittore Bénigne Gagneraux nacque a Digione il 24 settembre 1756, iscrivendosi intorno al 1767 all’École de dessin della città, al tempo diretta da François Devosge. Nel 1771 partecipò al concorso indetto dall’École con il dipinto Sant’Andrea appoggiato alla croce, che gli valse l’accessit per esporre due opere alla mostra che seguiva il concorso, una rappresentante Loth e le figlie, l’altra La cena in Emmaus. L’anno successivo il pittore si confermò con il dipinto Marte si riposa sulle armi dei Condé, vincendo poi il concorso del 1773 con il soggetto di Ercole combatte Cerbero, meritevole della medaglia d’oro. Nel maggio del 1774 Gagneraux arrivò in maniera improvvisa e senza soldi a Roma, contando sull’aiuto del collega e concittadino Jean Tonnesse, ma a causa dell’indigenza dovette comunque lasciare la città dopo appena due mesi. Sulla via del ritorno per Digione il pittore si fermò a Marsiglia, dove partecipò al concorso dell’École de peinture vincendo il primo premio di disegno. Nel 1776 l’artista si assicurò il Prix de Rome che gli Stati di Borgogna avevano appena istituito sul soggetto di Marco Curio Dentato rifiuta i doni dei Sanniti (olio su tela, Nancy, Musée des Beaux-Arts), giungendo a Roma il 3 dicembre insieme a Charles-Alexandre Renaud, vincitore per la scultura. Alloggiato in un primo momento in via Frattina, nel 1778 il pittore si trasferì in vicolo Zucchelli. Terminati i quattro anni di pensionato Gagneraux decise di rimanere nell’Urbe, guadagnandosi da vivere come decoratore di ventagli e collaborando con Francesco Piranesi come disegnatore d’antichità. Al 1784 risale la prima importante commissione ricevuta dal pittore, quando il re di Svezia Gustavo III, grazie al tramite di Séroux d’Agincourt, visitò il suo studio, ed oltre ad acquistargli l’Edipo cieco – a cui stava lavorando dal 1780 – gli ordinò un dipinto rappresentante L’incontro tra Pio VI e Gustavo III nel Museo Pio-Clementino (olio su tela, 1785, Stoccolma, Nationalmuseum), opera che lo rese celebre. Quando il dipinto venne mostrato al papa, questi ne chiese una replica, oggi conservata al National Museum di Praga. Nel 1786 gli Stati di Borgogna commissionarono a Gagneraux la grande tela con la Battaglia di Sénef (olio su tela, 1788, Digione, Musée des Beaux-Art), la prima delle opere facenti parte di un ciclo incentrato sulla storia del Gran Condé, e il pittore realizzò la sua prima incisione rappresentante Baiocco. Divenuto ormai artista ampiamente affermato e tenuto in alta considerazione dall’aristocrazia europea, Gagneraux ricevette le visite del barone Fredenheim e del barone Taube, per il quale realizzò i dipinti Ebe versa da bere all’aquila di Giove e Psiche sollevata in aria dagli Zefiri (entrambi conservati in Svezia, castello di Löfstad), partecipando nel 1790 alla decorazione di Palazzo Altieri con la tela di soggetto mitologico Psiche destata da Amore.
Nel gennaio 1793 il pittore venne eletto membro dell’Accademia dei Forti, ma poco dopo dovette abbandonare Roma, quando il suo atelier venne preso d’assalto durante l’insurrezione antifrancese. Munito di un passaporto rilasciatogli da Francesco Piransesi, Gagneroux si avviò alla volta della Svezia, ma decise di fermarsi a Firenze per terminare dei quadri, dove a maggio ricevette il certificato di “accademico professore” da parte dell’Accademia di Belle Arti. Con sorpresa venne per altro nominato nel 1794 “pittore di storia del re di Svezia”, ma Gagneraux morì suicida a Firenze il 18 agosto 1795 prima di poter portare a compimento i dipinti promessi al re, aventi per soggetto fatti della storia svedese.
Tra le personalità più originali della scena artistica romana di fine Settecento, definito dalla critica un “classicista romantico”, delle opere del periodo romano di Gagneraux – che si tradusse a conti fatti nella fase realizzativa più intensa e proficua della carriera del pittore – certamente la più importante e prestigiosa risulta essere la tela realizzata nel 1787 per il soffitto della Sala della Venere di Villa Borghese raffigurante Giove in forma di satiro si avvicina alla ninfa Antiope. Il dipinto, ispirato alle Metamorfosi di Ovidio, era stato esposto al pubblico prima di essere collocato nella sua sede destinataria riscuotendo un unanime successo, e nel suo impianto complessivo denuncia una profonda rilettura della pittura veneta cinquecentesca, ravvisabile sia nell’atmosfera crepuscolare del paesaggio che nella posa della ninfa, accostabile alle Veneri tizianesche.
Pittore devoto alle ideologie e ai percorsi figurativi del Neoclassicismo, come dimostra la maggior parte della produzione di Gagneraux incentrata su tematiche storico-mitologiche, il dipinto raffigurante Il mago (olio su tela, 1790 ca., Milano, Veneranda Biblioteca Ambrosiana) ci testimonia invece delle rare e stravaganti aperture dell’artista verso le poetiche legate al sublime e all’immaginario, ispirato alle opere di Füssli e William Blake, dalle cadenze mostruose e l’atmosfera onirica e surreale.
La tela con Il Genio delle Arti (olio su tela, 1789, Digione, Musée des Beaux-Arts) è d’altro canto realizzata nella piena osservanza degli ideali winckelmanniani di quieta nobiltà, in ottemperanza alla radicata ortodossia classicista, riscontrabile sia nella purezza della linea che nella sinuosa e bilanciata posa del Genio, mutuata da una scultura prassitelica da poco rinvenuta e posta nel Museo Pio-Clementino.