Il pittore Franz Ludwig Catel nacque a Berlino il 22 febbraio 1778 e iniziò fin da bambino, insieme al fratello Friedrich futuro architetto, ad aiutare il padre nella bottega di giocattoli, finché nel 1797 l’amico di famiglia Chodowiecki, appena nominato direttore della Akademie der Künst, non li convinse ad iscriversi all’Accademia stessa. Tra il 1797 e il 1800 l’artista compì numerosi viaggi di studio a Parigi, occasione in cui trasse dei disegni dalle opere requisite in Italia, specializzandosi nella tecnica dell’acquarello con finalità illustrative. Nel 1800 il pittore fondò insieme al fratello una fabbrica di marmo artificiale per mosaici con modelli forniti dallo scultore Gottfried Schadow, che l’anno seguente venne visitata dai sovrani di Prussia e dal granduca Carlo Augusto di Sassonia, da cui ebbe la commissione per alcune decorazioni per il castello di Weimar. Nel 1806 Catel fu accolto come membro onorario dell’Accademia di Belle Arti di Berlino grazie ad un grande acquarello raffigurante L’uccisione del prevosto Nicola di Bernau. Alla stessa esposizione presentò un altro grande acquarello rappresentante Martin Lutero brucia la bolla di scomunica, che il pittore condannò ad una sorta di damnatio memoriae una volta convertitosi al cattolicesimo. L’anno seguente l’artista si recò con il fratello a Parigi per implementare la propria formazione con lo studio delle opere convolute nel Musée Napoleon, stringendo amicizia con il poeta danese Adam Oehlenschlaeger.
Al 1811 risale il trasferimento del pittore a Roma, dove si legò alla colonia degli artisti tedeschi che si facevano conoscere col nome di “Fratelli di San Luca”, fautori di un lessico nazareno. Nell’Urbe l’artista prese a studiare prospettiva con l’Overbeck, che teneva lezioni nel refettorio del convento di Sant’Isidoro sul Pincio, e divenne assiduo frequentatore del Caffè Greco, nel quale accompagnò anche il principe di Baviera durante il suo soggiorno romano, ritratto nel celebre dipinto raffigurante Il principe ereditario Luigi di Baviera all’osteria spagnola di Ripa Grande (olio su tela, 1824, Monaco, Neue Pinakothek), una scena di genere dall’atmosfera goliardica.
Con il gruppo dei Nazareni il pittore decorò Palazzo Zuccari su commissione del console prussiano Bartholdy, dipingendo due sovrapporte, una raffigurante Le prigioni di Giuseppe (olio su tela, 1818, perduta) e l’altra Le piramidi d’Egitto (affresco staccato, Roma, Pio Istituto Catel).
Nel 1818 Catel intraprese un viaggio in Sicilia in cui trasse delle vedute, come Il teatro greco di Taormina (olio su tela, Monaco, Staatsgemaldesammlungen) condotto con una libertà esecutiva che dismette la precisione descrittiva in favore di un maggior effetto.
Il Nostro ebbe un ruolo importante all’esposizione degli artisti tedeschi organizzata nel 1819 in occasione della visita a Roma dell’imperatore Francesco I, dove presentò una Veduta da una finestra nei pressi di Posillipo e due dipinti di soggetto storico.
Dal 1822 al 1842 Catel espose con regolarità suggestive vedute campane alle Esposizioni dell’Accademia di Berlino, ma presenziò anche a quella braidense del 1824 e a numerose rassegne napoletane.
Alla sua morte avvenuta il 19 dicembre 1856 il pittore, che era riuscito ad accumulare una cospicua ricchezza, volle che fosse istituita a Roma un’opera benefica per artisti italiani indigenti, il Pio Istituto Catel, che ancora ad oggi ha la sua sede in viale Trastevere.
Caratterizza in maniera privilegiata l’attività del Catel la rappresentazione di vedute e scorci di interni interpretati secondo canoni affini alla poetica del sublime con il preciso scopo di restituirne gli effetti onirici e visionari, valori dal forte impatto emotivo raggiunti attraverso l’espediente di inquadrare la scena tra elementi architettonici e naturalistici, che gli consente altresì di esaltare i giochi di luce che si accendono dal contrasto con le ampie zone in penombra, da cui le figure emergono, misteriose, in controluce. Particolarmente noti i dipinti eseguiti dal pittore che ritraggono monaci in preghiera investiti da una luce lunare tenebrosa dal forte sapore esoterico, che passeggiano silenziosamente all’interno di vecchi monasteri medievali.
Artista dal lessico eclettico e dalla vasta cultura visiva, Catel mostrò di poter attingere al repertorio dei più grandi pittori che hanno saputo comunicare il fascino delle rovine antiche e la placida atmosfera arcadica della campagna romana, da Hubert Robert a Philipp Hackert, come può apprezzarsi nel dipinto trattato dalla nostra Galleria raffigurante l’Interno del Colosseo con Giuseppe Valadier che mostra al cardinale Ercole Consalvi, in compagnia dell’abate Carlo Fea, il progetto di restauro dell’Anfiteatro Flavio (olio su tela, 1823-1826), preziosa testimonianza del nuovo clima culturale e dell’impegno profuso nella tutela e nel restauro del patrimonio artistico in epoca di Restaurazione.
La sua predilezione per la rappresentazione dei paesaggi costieri nei dintorni di Napoli, località dove a partire dal 1812 Catel prese a trascorrere tutte le estati, lo qualificano come uno dei migliori interpreti di quell’industria legata al Grand Tour secondo la quale i numerosi viaggiatori provenienti da tutta Europa commissionavano ricordi del loro viaggio in Italia. Ne rappresenta una preziosa testimonianza il Ritratto di Karl Friedrich Schinkel a Napoli (olio su tela, 1824, Berlino, Staatliche Museen zu Berlin), che ci dà conto anche delle numerose visite e frequentazioni del pittore con i propri connazionali.
Nel genere del ritratto, cui Catel non poté sottrarsi operando nel crocevia più frequentato d’Europa, è interessante citare il Ritratto di Vittoria Caldoni (olio su tela, 1830 ca., Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), in quanto gli artisti d’oltralpe videro incarnata nella giovane modella quell’ideale mediterraneo di bellezza raffaellesca, venendo ritratta in più di cinquanta occasioni, tra gli altri da Overbeck, Horace Vernet e Bertel Thorvaldesn.