Tra i più influenti paesaggisti del XIX secolo, il pittore Antonio Fontanesi nacque a Reggio Emilia il 23 febbraio 1818 e trascorse la giovinezza nel disagio e nella miseria, improntandosi verso quell’animo malinconico che caratterizzerà la sua attività pittorica. Nel 1832 l’artista si iscrisse alla Scuola Comunale di Reggio, divenendo tra i prediletti del professore Minghetti e vincendo un primo premio per il paesaggio. Le necessità economiche spinsero il pittore a chiedere al potestà della città di poter svolgere alcuni lavori pubblici in qualità di decoratore, ma gli vennero preferiti Aquila e Giuseppe Boccaccio, cosicché il Nostro fu costretto ad eseguire tempere murali per le case private (probabilmente sono sue quelle in casa Zanichelli). La sua prima opera certa rimangono le scenografie eseguite nel 1842 per il teatro comunale di Reggio Emilia raffiguranti scene della Fausta e della Sonnambula.
Spinto dalla passione politica Fontanesi prese a frequentare il Caffè degli Svizzeri, cosicché gli venne chiesto da Conzetti di dipingere cinque pannelli per ammodernare il locale. Da queste frequentazioni dovettero nascere le aspirazioni libertarie e risorgimentali del pittore, che lo spinsero a prendere parte alla prima guerra d’Indipendenza del 1848, per poi riparare l’anno seguente a Lugano. Spostatosi a Ginevra nel 1850, il Nostro prese a frequentare il genere del ritratto e a realizzare dipinti “alla moda”, freschi pastelli delicati e ameni. La conoscenza con il gallerista Branchard aprì al pittore le porte del mercato internazionale, così da spingerlo a trasferirsi a Parigi nel 1855, dove ebbe modo di visitare l’Esposizione Universale potendo entrare in contatto con le novità introdotte dalla “scuola di Barbizon”, da Corot e Troyon in particolare, che segnò in maniera profonda e incisiva la sua produzione successiva.
Dopo essersi arruolato come volontario alla seconda guerra d’indipendenza del 1859, nel 1861 il pittore partecipò alla mostra fiorentina organizzata dal gruppo dei macchiaioli gravitante intorno al Caffè Michelangelo, dove espose opere come La quiete (olio su tela, 1860, Torino, Galleria d’Arte Moderna); mentre l’anno successivo fu presente alla Promotrice di Torino dove il pittore Cristiano Banti acquistò, su suggerimento del Calderini, il dipinto raffigurante Un mattino d’ottobre (olio su tela, 1862, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna).
Al 1865 risale il fatidico viaggio del Fontanesi a Londra dove poté ammirare da vicino le opere di Constable e Turner, che riterrà i più grandi paesisti del mondo e dai quali non mancherà di trarre una sostanziale lezione.
Al 1868 risale la nomina del pittore a direttore e professore di figura presso l’Accademia di Belle Arti di Lucca, finché l’anno successivo non ottenne la cattedra di paesaggio all’Accademia Albertina di Torino, divenendo un punto di riferimento per tutta una generazione di pittori. Alla Mostra Universale di Vienna del 1873 Fontanesi presenziò con il dipinto Aprile (olio su tela, 1872, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna), caratterizzato da una cupa pastosità; mentre alla Promotrice torinese del 1874 espose Bufera imminente (olio su tela, Reggio Emilia, collezione Giorgio Zamboni), riscuotendo un enorme successo di critica.
Tra il 1876 e il 1878 si situa la parentesi giapponese dove il pittore si trasferì per insegnare all’Accademia Imperiale di Tokyo, da cui però fece ritorno a causa dell’incompatibilità del luogo con la malinconia e l’intimismo del proprio carattere, che in oriente non trovava ispirazione.
Durante gli anni della tarda maturità l’artista amò soggiornare nelle zone intorno al Lago Maggiore e visitare i paesaggi montani della Svizzera con lo scopo di condurre studi sulla luce e la materia, come documentano Montagna e Il pascolo (olio su cartone, 1881 ca., Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna).
Morì a Torino il 17 aprile 1882.
Ritenuto come il maestro indiscusso della scuola paesaggistica piemontese del secondo Ottocento, Fontanesi riuscì a giungere a quegli audaci effetti dati dai bagliori del sole ancor prima di vedere Turner. Grazie allo studio del dato naturale condotto con passione ed estrema cura il pittore seppe svincolarsi dalla visione romantica corottiana per approdare ad un lessico fatto di impasti cromatici rudi e potenti, in cui la costruzione degli alberi e i giochi d’ombra e luce trasmettono effetti atmosferici di vibrante immediatezza, come dimostra il dipinto Alla fontana (olio su tela, 1867-1869, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), presentato alla Promotrice torinese del 1892.
L’influsso della pittura barbizoniana è particolarmente riscontrabile in dipinti come Il mattino (olio su carta applicata su cartone, 1855, Torino, Galleria d’Arte Moderna), che mostra notevoli aggiornamenti nella sensibile resa atmosferica raggiunta attraverso un sapiente uso del chiaroscuro, assai simile a quello di Troyon.