Il pittore Filippo De Pisis nasce a Ferrara l’11 maggio 1896 e trascorre l’infanzia nell’ambiente cattolico e protetto della nobiltà di provincia, educato da precettori privati. Si appassiona fin da giovane alla letteratura e al disegno, allestendo uno studiolo personale negli ambienti di Palazzo Calcagnini, dove la famiglia si era stabilita a partire dal 1904. Dopo essere stato bocciato più volte al liceo Ariosto di Ferrara, il pittore si diploma da esterno presso il liceo Minghetti di Bologna nel 1915, ed esonerato dal servizio militare per nevrastenia, si iscrive alla facoltà di Lettere del capoluogo emiliano. Qui incontra Giorgio Morandi e inizia a frequentare Giorgio De Chirico e Alberto Savinio, che vivono a Ferrara e lo introducono alle novità figurative promosse dalle avanguardie e dai futuristi. In questi anni il suo approccio con la pittura è tuttavia solamente teorico, e si dedica principalmente alla pubblicazione dei suoi scritti, finché non inizia a percepire l’ambiente emiliano come troppo sterile ed opprimente e decide nel 1920 di stabilirsi a Roma. Presa coscienza della propria omosessualità, De Pisis si allontana dagli ambienti della destra cattolica ed inizia frequentare caffè e salotti letterari, collabora con varie riviste e tiene delle conferenze presso l’Accademia dell’Arcadia. Nel 1923 muore il padre, e a causa di sopraggiunte difficoltà economiche De Pisis è costretto a insegnare come supplente, in un primo momento ad Assisi, poi a Rieti e infine a Roma. È in questi anni che si fa più vivo l’interesse del pittore per la produzione figurativa, che si sostanzia attraverso paesaggi e vedute cittadine, ma che rivela anche il sorgere del fitto confronto con la natura morta e le influenze cézanniane. Molti dei dipinti realizzati in questo periodo vennero acquistati nel 1924 dai coniugi Signorelli in occasione della mostra del pittore allestita presso il teatro Nazionale. Al 1925 risale il primo, fondamentale soggiorno parigino del pittore, dove si interessa alle opere degli impressionisti ed espone alla Galerie Carmine prima del rientro in estate a Cadore. Nel 1926 il pittore tenne una personale presso la saletta Lidel di Milano organizzatagli da Carrà, a cui fece seguito la partecipazione alla I Mostra del Novecento italiano con i dipinti Interno tragico, Campagna ferrarese e Campagna del suburbio. Tramite l’amicizia con Mario Tozzi, De Pisis si avvicinò agli artisti italiani dell’École de Paris, con i quali espose spesso sia in Francia che in Italia. La fama dell’artista crebbe difatti in maniera smisurata negli anni ’30: nel 1931 presenta cinque opere alla I Quadriennale romana ed esce la prima biografia su De Pisis curata da Sergio Solmi, nel ’33 espone presso palazzo Ferroni a Firenze, mentre nel ’34 viene presentata la mostra “Fleurs de De Pisis” alla Galerie des Quatre Chemins, dedicata ai dipinti rappresentanti dei fiori, tra cui Gladiolo fulminato (olio su compensato, 1930, Museo Filippo De Pisis).
Nella primavera del 1935 De Pisis soggiornò per la prima volta a Londra, dove rimase affascinato dai paesaggi di William Turner e si dedicò principalmente a dipingere scorci della città.
Poco prima dello scoppio della guerra il pittore si trasferì a Milano, inaugurando un periodo di successi e serenità, dove ottenne di allestire una personale presso la galleria Barbaroux, a cui fecero seguito la presentazione di Composizione, Notte di luna e Paese di Guascogna alla III Quadriennale di Roma e il secondo posto al primo premio Bergamo con il dipinto La chiesa di Cortina (olio su tela, 1937, Cortina d’Ampezzo, Museo Rimoldi). Nel 1942 tuttavia il suo appartamento fu colpito dai bombardamenti e l’artista fu costretto a trasferirsi a Venezia, tornando a vivere a Milano solamente nel 1948, a seguito della diagnosi di arteriosclerosi, continuando a lavorare almeno fino al 1953 con opere segnate da un più attento lirismo.
Morì a Milano il 2 aprile 1956.
Pittore caratterizzato da un dirompente vitalismo e da un febbrile attivismo, il temperamento di De Pisis si rispecchia nella sua personale tecnica artistica, fatta di pennellate rapide e nervose. La libertà esecutiva delle sue opere, che spesso paiono degli appunti estemporanei, è apprezzabile in lavori come Rue des Volontaires (olio su tela, 1925, Como, collezione privata), dipinta quando il pittore è da poco giunto nella capitale francese ed è rapito dalla corrente impressionista.
Ossessionato dallo scorrere del tempo e dalla natura effimera della bellezza, De Pisis sente l’urgenza di dover catturare gli attimi prima che si dissolvano, registrandoli fulmineamente attraverso un ductus stenografico, fatto di tocchi frenetici di colore. Da qui deriva il suo interesse per la natura morta e per i volti e i corpi dei giovani da lui amati, che formano, insieme ai paesaggi, i temi privilegiati della sua produzione. Un’esempio della sua costante fissazione per i nudi maschili è testimoniata dal Piccolo Bacco (olio su tela, 1928, Francia, collezione privata), eseguito durante il primo periodo francese del pittore, reso con un tratto sintetico e corsivo, in una posizione d’abbandono esplicitamente erotica.