Il pittore Francesco Corneliani nacque a Milano intorno al 1742, e ancora scarne sono le notizie biografiche e i dati in merito alla sua prima attività, se si eccettua la prima formazione all’Accademia Ambrosiana sotto il Sangiorgi. È tuttavia sicuro che il pittore intorno al 1760 si recò a Parma a studiare con Gaeatano Callani, specialmente con l’intento d’avere un rapporto diretto con le opere del Correggio, che lasciarono in lui un’impressione significativa.
Affermatosi sulla scena artistica lombarda, il pittore divenne un protetto di una delle più importanti famiglie milanesi, i Verri, per i quali realizzò un ciclo di ‘sughi d’erba’ – tele di lino dipinte con colori vegetali – nel loro palazzo in via Monte Napoleone con temi iconografici che si legano alle passioni morali e civili di uno dei fratelli, Pietro. Successivamente in Palazzo Borromeo a Cassano d’Adda, il Corneliani realizzò il Trionfo dell’Aurora sul soffitto dello scalone (1778, già attribuito a Francesco Londonio), innestando in territorio lombardo le prime sperimentazioni in chiave neoclassica, pur bagnate dalle delicatezze cromatiche del neocorregismo che lo vide tra i suoi più convinti fautori.
Del 1788 è la pala d’altare per il Duomo di Monza con Sant’Antonio abate orante, in cui il pittore si lascia definitivamente alle spalle le grazie arcadico-rococò per abbracciare totalmente un nuovo linguaggio figurativo più composto, sobrio e statuario. Si ignora la data di morte, ma sue notizie non si hanno più a partire dal 1815.
Formatosi nell’ambiente del tardo barocco lombardo dominato dalla figura di Giuliano Traballesi, le prime opere del pittore sono incentrate sulla stanca ripetizione di formule graziose e delicate, ambientate in paesaggi arcadici. A partire dalla fine dell’ottavo decennio il suo stile fu investito da una svolta in chiave classicista dovuta all’irrompere di nuove esperienze figurative, apportate in primis da Andrea Appiani, e non è un caso che il ciclo delle Stagioni (olio su tela, 1785 ca., Accademia di Belle Arti di Carrara) era fino a poco tempo fa ascritto proprio a quest’ultimo. Lo stile maturo del pittore è apprezzabile nel Sant’Antonio Abate di Treviglio, firmato e datato 1794, dall’impianto monumentale e sobrio, l’atteggiamento ieratico, se pur non viene abbandonato quello sfumato ermetico tipicamente lombardo.