Il pittore Giuseppe Collignon nacque a Castelnuovo Berardenga, in provincia di Siena, il 2 marzo 1778, e si trasferì nel 1785 a Firenze per studiare all’Accademia, ottenendo una prima formazione presso il pittore Pedroni. Ricordato a partire dal 1793 tra gli allievi più talentuosi, venne premiato in numerose occasioni per i suoi disegni, vincendo nel 1800 il concorso triennale con un dipinto raffigurante Giuseppe è venduto agli Ismaeliti. Nel 1803 il pittore compì il consueto viaggio di studio a Roma, entrando come studente presso l’Accademia di San Luca, in cui vinse, lo stesso anno, il primo premio della prima classe dell’Accademia del nudo.
Al 1807 risale una delle opere che più permisero al pittore di guadagnarsi ampi consensi, la Deposizione dalla croce per il duomo di Pontremoli commissionatagli dal marchese Pavesi, che venne a tal punto apprezzata dal Guattani che decise di trarne un’incisione. L’anno successivo Collignon entrò a far parte dei professori dell’Accademia fiorentina, presentando all’esposizione annuale La morte di Geta (olio su tela, scomparso) che aveva precedentemente eseguito a Roma.
Nel 1811 il pittore fu onorato dell’ammissione tra gli accademici di merito della San Luca, dipingendo l’anno successivo il Beato Balduino per il Duomo di Pisa, che risulta piuttosto ingenuo e didascalico nel suo freddo accademismo.
Nel 1814 il pittore venne nominato direttore dell’Accademia di Siena – carica che lascerà nel 1827 – rimanendo però stabilmente a Firenze, impegnato negli affreschi di Palazzo Pitti, dove esegue il Carro del Sole oscurato da Minerva e Prometeo e il Ratto di Psiche.
A partire dagli anni Venti Collignon si dedicherà con sempre più frequenza alla pittura religiosa, tra cui va ricordata La discesa dello Spirito Santo per la chiesa di San Francesco a Pisa (olio su tela, 1820).
Morì a Firenze nel febbraio del 1863.
Possiamo prendere a prestito un giudizio dell’Hayez, che frequentò come studente lo studio del Collignon nel 1814, per enucleare gli aspetti essenziali dell’arte del pittore: “aveva poca fantasia […], a me non piaceva punto per la maniera dura e affettata“. Parole assai aspre che tuttavia rimangono in parte condivisibili. Se si osserva ad esempio uno dei dipinti del Collignon più noti e ben contemplati, La morte di Lucrezia esposta nel 1834 all’esposizione annuale dell’Accademia fiorentina ma eseguita un decennio prima a Siena (olio su tela, Firenze, Teatro La Pergola), oltre ad un evidente adesione ad alcuni stilemi del neoclassicismo francese, emerge una certa limitazione nel donare profondità alla scena, mentre le espressioni caricate dei personaggi risultano fin troppo artefatte.
Nel campo dell’arte sacra il pittore fu particolarmente attivo per la città di Siena, per la quale licenziò Santa Teresa e San Giovanni della Croce nella chiesa del Carmine, commissionata nel 1825 dal principe Rospigliosi, che mostra già delle aperture in senso purista con una forte eco del Sassoferrato, soprattutto nella figura della Madonna col Bambino e nelle fattezze degli angeli.