Il pittore Vincenzo Chialli nasce a Città di Castello il 27 luglio 1787, e a causa delle ristrettezze economiche della famiglia venne avviato all’attività di orologiaio. Ancora giovane il pittore entrò all’interno della bottega di un decoratore, il concittadino Giuseppe Crosti, a cui fece da aiutante nella decorazione del palazzo vescovile, presentandosi in questa circostanza la fortunata occasione di conoscere Domenico Bartoli. È infatti grazie al vescovo, che lo raccomandò al cardinale Camerlengo di Pio VII, Belisario Cristaldi, che il Chialli poté trasferirsi nel 1804 a Roma, dove iniziò a studiare sotto Vincenzo Camuccini. Durante gli anni romani pare che il pittore sia stato colpito da una crisi mistica e volle farsi prete, nello stesso torno d’anni in cui mosse i primi passi della propria carriera, dedicandosi prevalentemente al genere del ritratto.
Nel 1809, a seguito dell’occupazione francese della città e dell’esilio di Pio VII, il pittore decise di rifugiarsi nella sua terra natale, tornando a lavorare per il Crosti.
Nel 1830 il pittore venne nominato socio delle accademie di Torino e Perugia, ma purtroppo non fece in tempo ad essere associato a quelle di San Luca e di Firenze, che avevano appena deciso di ammetterlo quando morì, a Cortona, il 4 settembre 1840.
Ritrattista e pittore di soggetti religiosi, Chialli si dedicò a scene di genere e interni di conventi a partire dal 1819, ovvero a seguito del successo ottenuto da Granet con il dipinto Il coro dei Cappuccini. Proprio un’opera con lo stesso soggetto eseguita dal Chialli venne acquistata nel 1823 dal granduca Ferdinando III, andata perduta durante la seconda guerra mondiale. È noto tuttavia che il pittore eseguiva numerose repliche dei propri dipinti, e quindi è possibile apprezzarne una versione di formato leggermente diverso nell’opera conservata presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (olio su tela, 1820 circa), che presenta tuttavia una luminosità più fredda e meno diffusa.
Fondamentale nel futuro linguaggio figurativo del pittore fu l’incontro a Pesaro con Vincenzo Monti, che lo indirizzò verso letture colte e sofisticate, e per il quale realizzò vari ritratti della figlia Costanza, ad oggi irreperibili.