Il pittore Ferdinando Cavalleri, figlio del regio architetto di Torino Bartolomeo, nacque probabilmente a Roma il 16 marzo 1794, anche se tradizionalmente vuole farsi originario della provincia di Cuneo. Nel 1806 il pittore trascorse due anni a Firenze, studiando all’Accademia di Belle Arti con Pietro Benvenuti, per poi trasferirsi a Torino dove si perfezionò sotto la guida dell’architetto Ferdinando Bonsignore, partecipando alla mostra annuale di disegni nel 1808. A partire dal 1811 Cavalieri è di nuovo a Roma, iscritto all’Accademia di San Luca, dove è ricordato come vincitore del concorso di pittura dell’Accademia del nudo in Campidoglio. Nell’Urbe il pittore venne attratto dalla corrente neoclassica dominante, avvicinandosi all’arte del Canova e di Camuccini. Al linguaggio del famoso scultore veneto è infatti accostabile la Maddalena dipinta nel 1816 (olio su tela, Castello di Aglié), mentre più assimilabili ai modi del pittore sabino è il Ritratto di Carlo Alberto grazie al quale nel 1815 Cavalleri ottenne il pensionato da parte dello stesso principe di Carignano. I contatti con la città di Torino si mantennero costanti durante tutta la carriera del pittore, come testimoniano i dipinti, eseguiti per Carlo Alberto, inviati all’esposizione torinese del 1820, ma soprattutto le cariche istituzionali che man mano gli vennero concesse: dal 1831 fu infatti “Pittore di Gabinetto” e “Direttore degli studi d’Arte dei Reali allievi in Roma”, venendo poi insignito con l’Ordine Civile di Savoia.
Morì suicida a Roma il 20 agosto 1865.
Impegnato nella realizzazione di importanti ritratti dal carattere ufficiale – come i due grandi ritratti da parata con Carlo Alberto e quello con la Regina Maria Teresa con i figli (entrambi ad olio su tela, 1833, Racconigi, Castello Reale) – e di quadri d’argomento storico sempre su commissione reale – può citarsi ad esempio Enrico IV e Matilde di Canossa davanti a Gregorio VII (olio su tela, 1850 ca., Torino, Palazzo Reale), Cavalleri si qualificò come interprete sensibile dell’affermarsi del romanticismo in Piemonte. Tra le prime testimonianze di questo nuovo gusto, formale quanto iconografico, è d’obbligo menzionare Il rapimento di Jolanda di Francia (olio su tela, 1826), purtroppo andato distrutto nell’incendio del 1997 che dal Duomo di Torino si è propagato nei depositi di Palazzo Reale, dove l’opera era conservata. Sullo sfondo di un paesaggio roccioso e cupo, la scena si svolge in primo piano, occupando la parte centrale del dipinto, movimentata dai gesti concitati e dalle espressioni stralunate dei protagonisti, che pure vengono fatti agire su un piano bidimensionale, in un movimento conchiuso.
Realizzata per la chiesa di San Filippo Neri, la pala d’altare con il Beato Sebastiano Valfré (olio su tela, 1834, Torino, chiesa dell’Immacolata Concezione) è tra le rare testimonianze della produzione religiosa del Cavalleri, d’impianto e sensibilità settecentesche, fortemente influenzata dalle opere piemontesi di Sebastiano Conca.
Prolifico e apprezzato ritrattista, in questo specifico genere Cavalleri si mantenne inizialmente vicino ai canoni di un neoclassicismo d’ascendenza francese, per poi virare verso sensibilità più intimamente e pacatamente romantiche, apprezzabili nel Ritratto di Giuseppe Lorini (olio su tela, 1847, Cortona, Museo dell’Accademia Etrusca).