Il pittore Raffaele Carelli, padre del più noto Consalvo, nasce a Monopoli, nei pressi di Bari, il 24 settembre 1795, e si trasferisce a Napoli intorno al 1815. Si forma nello studio del restauratore e falsario Raffaello Ciappa, dal quale apprende la copia dei dipinti antichi, per poi specializzarsi nell’acquerello prendendo lezione da Wilhelm Huber, per il quale in un secondo momento prese ad eseguire le figure da inserire nei paesaggi dipinti dal tedesco. Grazie all’amicizia con il poeta Gioacchino Ponta il pittore riuscì ad inserirsi all’interno dell’entourage mecenatizio dei Beurghignon, dei Meuricoffre e dei Montesantangelo, che ne favorirono l’inizio della carriera. Nel 1826 Carelli dovette prender parte alla sua prima esposizione con una serie di paesaggi, tra i quali spiccarono Una grotta con briganti e La chiesa dell’Avvocatella alla Cava, acquistati dai Borbone per la collezione della foresteria. All’esposizione borbonica del 1833 il pittore venne premiato con la medaglia d’oro per i due paesaggi rappresentanti La cascata del Fibreno e Lo scoglio di Frisio, per poi smettere di presenziare alle esposizioni ufficiali dopo quella del 1835, dove la sua opera Gli antiquari riscosse notevole successo, e venne acquistata dai Meuricoffre.
Nel mentre nel 1830 il pittore era stato nominato professore onorario di “pittura di paesi” presso il Real Istituto di Belle Arti, e nel 1834 aveva accompagnato il duca di Devonshire in un viaggio in Sicilia e in Oriente, dove non perse occasione di eseguire degli studi da cui trarre successivamente dei dipinti.
Negli ultimi anni di vita Carelli si dedicò con maggior impegno all’insegnamento, aprendo una scuola privata, e ampliò la sua attività di mercante di dipinti antichi e di perito d’arte.
Morì a Napoli il 25 giugno 1864.
Nonostante la condivisione iniziale di alcuni ideali di rinnovo del genere paesaggistico professati dalla nascente Scuola di Posillipo – ed è d’obbligo ricordare come il pittore fosse stato co-allievo di Giacinto Gigante nello studio di Huber e collaboratore di Pitloo – Carelli non seppe mai prendere definitivamente le distanze da certa tradizione accademica. Il suo linguaggio figurativo venne difatti tacciato di scarsa immaginazione, tanto rimase attardato su un gusto anacronistico per la resa puntuale del dato naturale, particolarmente ravvisabile nelle scene di genere e nei ritratti.
La sua produzione paesaggistica vera e propria riesce talvolta ad abbracciare con più convinzione quegli accenti lirici che si andavano canonizzando, come nell’aerosa Terrazza dei cappuccini a Sorrento (olio su tela, Caserta, Palazzo Reale).