Il pittore Pietro Ayres nacque a Savigliano il 9 novembre 1794 e, sebbene non si conosca con esattezza come trascorse gli anni della formazione, a partire dal 1811 è già ricordato come apprezzato ritrattista nella sua città natale e a Fossano. Nel 1812 l’artista giunse in Russia al seguito dell’armata napoleonica trattenendosi a Mosca per un lungo periodo come ritrattista della corte di Alessandro I, mentre a partire dal 1815 si trasferì in Polonia su istanza del conte Stanislao Kostka Potocki, per il quale eseguì alcuni affreschi con scene allegoriche e paesaggi per il Palazzo di Wilanow (Varsavia). Nel 1819 il pittore venne premiato con due medaglie d’oro alla mostra organizzata dall’Accademia di Belle Arti grazie ai dipinti rappresentanti un Tramonto del sole e un Ritorno di Sileno.
Intorno al 1822 l’Ayres tornò in Italia stabilendosi a Torino, dove frequentò l’Accademia di Belle Arti come allievo del pittore Giovanni Battista Biscarra, affermandosi pubblicamente con il Ritratto della famiglia Ferrero della Marmora (olio su tela, 1829, Biella Piazzo, Palazzo La Marmora).
Grazie al Ritratto del conte Galeani Napione (olio su tela, 1831) l’Ayres attirò le attenzioni di Carlo Alberto, che lo nominò pittore di corte, divenendo nel 1833 professore presso l’Accademia Albertina. A questi anni risale l’inizio dell’attività del pittore al servizio di Pelagio Palagi impegnato a decorare le residenze reali: a Palazzo Reale affresca la volta del Medagliere con soggetti mitologici (Minerva, Orfeo e Mercurio), e nel 1842 la volta di uno degli appartamenti nuziali approntati per il matrimonio di Vittorio Emanuele e Maria Adelaide d’Austria, ispirandosi alle rievocazioni stilistiche del neogotico e del neoegizio. Allo stesso anno risale la nomina a professore presso l’Accademia Albertina, dedicandosi nel frattempo all’esecuzione di ritratti ufficiali e a dipinti di carattere sacro. Tra i più importanti vanno ricordati la Sant’Anna, il Padreterno e le anime purganti per la chiesa chiesa di San Lorenzo (olio su tela, 1847)
Morì a Torino l’11 giugno 1878.
Ritrattista prolifico che coadiuvò l’impiantarsi del linguaggio neoclassico a Torino, l’abilità del pittore in questo specifico genere è apprezzabile nel Ritratto di Giulia Falletti di Barolo (olio su tela, 1831 ca., Torino, Palazzo Falletti di Barolo), in cui la devozione della donna dal vestito finemente descritto nei dettagli decorativi, che tiene nella mano destra un libro di preghiere, è resa attraverso la semplicità dell’atteggiamento e la franchezza dello sguardo. Il ritratto del marito Tancredi risulta viceversa più calligrafico e duro, quasi aneddotico.
Nella pala d’altare con Il beato Sebastiano Valfrè (olio su tela, 1836) dipinta per l’oratorio biellese di San Filippo, il pittore sembra dialogare con la pittura barocca e postmarattesca romana confluita a Torino, tra cui quella del Maratta stesso, del Trevisani ma soprattutto di Luigi Garzi, sia nell’impianto compositivo – con il vasto diradare del paesaggio sullo sfondo – che nelle fattezze delle singole figure – e si osservi a tal proposito il protagonista, particolarmente garzesco.