Nato a Roma il 28 aprile 1874 dallo scultore Ercole e dalla pittrice Tecla Monacelli, il pittore Arturo Noci si accostò all’arte in seno all’ambiente familiare e a partire dal 1887 frequentò l’Istituto di Belle Arti della città sotto la guida di Filippo Prosperi. L’artista riuscì ad emergere fin da subito vincendo numerosi concorsi interni, tanto che già nel 1895 venne nominato membro effettivo dell’Associazione Artistica Internazionale di Roma.
Nel 1896 l’artista si aggiudicò il Premio Stanzani per la pittura messo in palio dall’Accademia dei Virtuosi del Pantheon, mentre dell’anno seguente, oltre alla medaglia d’incoraggiamento per il “premio paesaggio” del lascito Werstappen dell’Accademia di San Luca, fu l’ottenimento del pensionato del Pio Istituto Catel. Noci esordì nel 1900 con alcuni paesaggi d’ascendenza costiana alla mostra della Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti, mentre l’anno successivo fu presente per la prima volta alla Biennale di Venezia con il dipinto Giardino abbandonato, rassegna alla quale parteciperà con regolarità fino al 1922. Al 1901 appartiene anche Donna che coglie i fiori (olio su tela, Roma, Pio Istituto Catel), saggio finale per il pensionato del Pio Istituto Catel, dove è evidente il debito di Noci verso l’estetismo dannunziano.
Nel 1903 il pittore lavorò insieme a Camillo Innocenti, Umberto Coromaldi, Enrico Nardi e Alessandro Poma alla realizzazione del fregio della Sala del Lazio alla Biennale di Venezia, una teoria di putti tra festoni e ghirlande dipinta in monocromo per simulare un bassorilievo, anticipando l’interesse di Noci per l’iconografia infantile. Di poco successivi sono infatti le opere Il figlio di Bacco (pastello su carta, 1903, collezione privata) e Non ancora soddisfatto, acquistato dalla Regina Elena all’esposizione della Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti del 1905. Grazie a tali successi il pittore divenne un riconosciuto e affermato ritrattista dell’alta società, continuando a nutrire negli anni tale stima attraverso le fini e sobrie opere presentate alle rassegne capitoline e non, come Radiosa (olio su tela, 1909, collezione privata), esposta alla Biennale di Venezia del 1910, e il Ritratto della marchesina Zenaide di Roccagiovine, comparsa alla LXXX Mostra degli Amatori e Cultori di Belle Arti. Si data a questi anni la volontà di Noci di adottare nuovamente la tecnica divisionista in chiave moderna, dando vita a dipinti come Nella cabina, esposto all’Esposizione Internazionale di Belle Arti di Valle Giulia del 1913, accolto tuttavia dalla critica con freddo scetticismo. Tale incomprensione rispecchiava un’insofferenza che aveva portato, nel gennaio dell’anno precedente, alla fondazione della Secessione romana, che vide nel Nostro tra i principali dissidenti e uno dei protagonisti della Mostra del Ritratto, organizzata dai secessionisti presso il Circolo Artistico di Roma. Allo stesso 1913 si data la prima Esposizione Internazionale d’Arte della Secessione, dove l’artista presentò tre tele divisioniste, un ritratto e due paesaggi.
Al temine della guerra Noci inaugurò un nuovo stile fatto di pennellate larghe e corpose, come apprezzabile in La pergola, presentato alla Biennale di Venezia del 1920, mentre l’anno seguente espose alcuni dipinti alla Biennale d’Arte di Napoli vincendo la medaglia d’oro.
Al 1923 risale il trasferimento del pittore a New York, che non abbandonerà più dedicandosi a una sicura e remunerativa carriera come ritrattista dell’alta società statunitense, e dove morirà in un incidente stradale il 23 agosto 1953.
Divenuto ben presto uno dei più apprezzati pittori di figura nella Roma della Belle Époque, in uno stile riconducibile a quello di Antonio Mancini, a partire dai primi anni del Novecento Noci iniziò a dedicarsi alla raffigurazione di provocanti figure femminili dall’erotismo velato, come può apprezzarsi nel dipinto Riflesso d’oro (olio su tela, 1905 ca., Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna), in cui la modella è avvolta da un’atmosfera ovattata.
Durante i primi anni d’attività l’artista si cimentò anche in soggetti veterotestamentari attraverso cui forte traspare l’influenza di Domenico Morelli, apprezzabile in dipinti come il Ripudio di Agar (olio su tela, 1899, Roma, Accademia dei Virtuosi del Pantheon) e Giuditta e Oloferne, non esenti dal confronto con la pittura internazionale, simbolista e preraffaellita.
Particolarmente significativa fu l’esperienza del pittore all’interno del cenacolo dei “secessionisti” romani, per i quali la ricerca di modernità trovò compimento nella ripresa della tecnica divisionista e nell’eleganza del tratto, di cui il Ritratto di fanciulla di profilo (pastello su carta da spolvero, 1916) transitato presso la Galleria, di reminescenza whistleriana, ne rappresenta un pregevole esempio.
Arturo Noci Roma 1874-New York 1953 Profilo di donna 1916 Pastello su carta da spolvero, cm 50 × 45 Firmato e datato in alto a sinistra: “Arturo Noci 1916” Sul retro etichetta di esposizione: Galleria dell’Oca di Luisa Laureati, Roma. Provenienza: Roma, collezione privata Bibliografia: M. Fagiolo dell’Arco, P. Spadini, L. Djokic (ed. by), Arturo Noci: un pittore tra Roma e New York…