| OPERA NON DISPONIBILE
Tocco da Casauria 1851-Francavilla al Mare 1929
Studio di una testa femminile
1883
Pastello su carta, mm 450 x 400
Firmato e datato: âFP. Michetti â83â
Bibliografia: Janni 1910, 11, p. 966; Ojetti 1910, p. 414; Ferraguti 1911, 6, pp. 483; Benzi, Berardi, Lodispoto, Spinazzè 2018, cat. 472.
Indicato in collezione sconosciuta nel catalogo generale dellâopera di Francesco Paolo Michetti (2018), il pastello è riemerso sul mercato da poco tempo, dimostrando di essere unâopera di grande fascino per il soggetto semplicemente composto, ma decisamente potente per la qualitĂ espressiva dello stile. Probabilmente mai esposto prima e pubblicato da Ugo Ojetti nel 1911, si è scoperto essere stato della pittrice Amelia AlmegiĂ e dellâingegnere Aldo Ambron, la coppia di mecenati che vivevano tra Roma e lâinternazionale Alessandria dâEgitto. Amavano acquistare le opere direttamente dagli artisti, come nel caso di questo ritratto di Michetti. Di origini israelitiche, Amelia AlmegiĂ si formò con il genio irregolare di ambito verista Antonio Mancini, che divenne amico di famiglia e diversi suoi quadri entrò nella loro collezione. Emilia frequentava gli ambienti artistici dâavanguardia e teneva un salotto intellettuale nella residenza coniugale ai Parioli, dove si ritrovavano, tra gli altri, Filippo Tommaso Marinetti, Giacomo Balla, Trilussa. Un legame fraterno univa gli Ambron a Balla, che fece un ritratto alla donna. Inoltre lo ospitarono con la sua famiglia tra il 1926 e il 1929.
Le rare foto finora conosciute del pastello michettiano sono quelle poco leggibili pubblicate agli inizi del novecento, anche per questo la sua esecuzione è stata erroneamente collocata nel 1890.  Invece è firmato e datato da Michetti â1883â, una data che lo situa in una fase cruciale nello straordinario itinerario creativo dellâartista. In Italia il Verismo trionfa nellâarte e nella letteratura. Il trentunenne Michetti è nel pieno della maturitĂ creativa ed intellettuale e gode di una fama consolidata a livello internazionale. Unito a Gabriele DâAnnunzio da un sodalizio amicale e da affinitĂ spirituali, condivide con il giovane narratore il modo di sentire e di esplorare la comune terra di origine, da una parte attratti da quel mondo arcaico, primitivo, violento e sensuale, dallâaltra sedotti da una ânaturaâ incontaminata, incommensurabile, eternamente giovane che si spalanca ai loro sensi voraci. Nel gennaio del 1883 a Roma Michetti invia allâEsposizione di Belle Arti un suo capolavoro, Il voto, in quellâoccasione acquisito dalla Galleria Nazionale dâArte Moderna e Contemporanea di Roma, dove è tuttora conservato. Eseguito in pochi mesi, il dipinto è il frutto di una lunga gestazione, che conduce Michetti a esplorare luoghi sperduti dellâAbruzzo, dove avvengono feste religiose. A Miglianico assistite alla festa patronale, quando il busto in argento di San Pantaleone con la testa sormontata da una aureola simile a un grande disco solare, è traslato dal sotterraneo che la custodisce. Oltre a impiegare un realismo di matrice seicentesca, che scurisce la sua tavolozza, come ha osservato Sabrina Spinazzè (2018, p.38), Michetti organizza le singole figure e la disposizione delle masse con occhio fotografico, se non addirittura cinematografico (la fotografia è un mezzo che utilizza modernamente), dispiegando il suo talento potente, con cui dĂ forma a: âuna vasta tela, un tema lugubre, al chiuso, senza cielo, un pensiero, come giĂ si diceva, sociale, miseria e superstizione, stupiditĂ e sangue, una pittura che sente il terriccio del paesetto e che è inquadrata in una cornice stretta come una bacchetta. – commenterĂ Ugo Ojetti (1910, p. 421) – (âŚ) Il busto del santo sopra un tappeto in terra tra sei candelieri, i contadini la lingua per terra, striscianti e sanguinanti dalla soglia della chiesa fino allâidolo che abbracciavano singhiozzando e fremendo, il prete sereno e sorridente sotto il gran piviale, inginocchiato lĂŹ presso con l’aspersorio in mano, e dietro a lui la folla, uomini, donne, vecchie, spose, infermi, bambini, tutti con un cero in mano, lâanima negli occhi, estatici e dolenti.â Ojetti riferisce che dopo questa prova roboante ma dai risultati scarsamente innovativi nello stile, Michetti avvia una âsemplificazioneâ e âuna ricerca di stile piĂš vigile e piĂš severaâ, che si concretizza nella gigantesca tela La figlia di Jorio (1895).
Studio di testa appartiene al lavoro condotto da Michetti in questa nuova fase, ma giĂ avviato qualche anno prima e mostrato allâEsposizione Nazionale di Milano del 1881. Pone il volto della contadinella leggermente di tre quarti, concentrandosi sullo sguardo pensoso e innocente, appena oscurato da unâombra tenue. La luce è nel colore del pastello, che dĂ vita allâincarnato inviolato del volto, alle labbra vermiglie senza lâaccenno di un sorriso, allâombra grigio-azzurra sulla fronte. La capigliatura bionda è animata da un colore dorato che si frammenta in pennellate e in segni sottili, nervosi, come le ciocche ribelli che ricadono sul volto della fanciulla. Una magistrale resa tra rigore classico e contemplazione del mondo naturale, perchĂŠ Michetti, spiega DâAnnunzio: âdoveva avere come una religione della Natura (âŚ) Tutto cosĂŹ viveva, tutto portava in sĂŠ, per cosĂŹ dire, una impronta di vita, un significato di vita; non solo i volti delli uominiâ. (G. DâAnnunzio, Ricordi Francavillesi, in âFanfulla della domenicaâ, Roma 7 gennaio 1883, p.2)
DâAnnunzio 1883
G. DâAnnunzio, Ricordi Francavillesi, in âFanfulla della domenicaâ, Roma 7 gennaio 1883, p.2
Janni 1910
E. Janni, F.P. Michetti, in “La Lettura”, X, 1910, 11, p. 966;
Ojetti 1910
U. Ojetti, Artisti contemporanei: F. P. Michetti, in “Emporium”, vol. XXXII, n. 192, December 1910, p. 414;
Ferraguti 1911
A. Ferraguti, Francesco Paolo Michetti, in “Il Secolo XX”, X, 1911, 6, pp. 483;
Benzi, Berardi, Lodispoto, SpinazzĂŠ 2018
F. Benzi, G. Berardi, T. Sacchi Lodispoto, S. Spinazzè, Catalogo generale, Cinisello Balsamo 2018, cat. 472.
La Galleria Carlo Virgilio & C. ricerca opere di Michetti Francesco Paolo (1851-1929)
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