| OPERA NON DISPONIBILE
Opera non disponibile
Giovanni (Nino) Costa
(Roma 1826 – Marina di Pisa 1903)
Paesaggio con due figure femminili
Olio su tela, cm. 74 x 128
Firmato, in basso a destra:Â G. Costa.
Sul retro, cartellino con la scritta: XXI Esposizione Biennale Internazionale d’Arte di Venezia – 1938 – n°123 XVI.
Figura di primo piano nel contesto della società romana della seconda metà dell’Ottocento, Giovanni Costa seppe ritagliarsi un ruolo di innovatore nel genere della pittura di paesaggio. Allo studio della natura, osservata dal vero, lo spinsero anche le vicende esistenziali legate al suo impegno politico: costretto a fuggire dalla capitale, perché ricercato dalla polizia pontificia dopo la caduta della Repubblica Romana del 1849, della quale era stato consigliere municipale, Costa incominciò a perlustrare i dintorni della città , da Tivoli a Castelfusano, da Ariccia ad Albano. Questi percorsi ormai canonici segnalati dalla periegesi internazionale, lo portarono all’inevitabile e fruttuoso incontro con gli artisti stranieri dediti alla pittura di paesaggio. In particolare, essi consentirono l’amicizia con il francese Emile David e con gli inglesi Frederick Leighton e George Mason: la loro frequentazione favorirà successivamente l’esposizione delle opere di Costa a Parigi e Londra, nonché la sua apertura nei confronti della pittura preraffaellita e neorinascimentale.
La scelta di un formato orizzontale per molti dei paesaggi dell’artista – ad olio su tela o su tavola – si spiega in ragione di una maggiore apertura di campo, che qui appare quasi contenuta dal limite della radura del primo piano, e dai cespugli che fanno ancora da quinta sulla destra. La costruzione della scatola spaziale resta, nonostante l’apparente semplicitĂ dell’impaginazione, ben salda e al punto di incontro delle diagonali, sullo sfondo, appare un albero isolato al centro dell’ultima distesa pianeggiante, in coincidenza non casuale anche con il centro del dipinto. Questa sapienza nel calibrare le distanze fra i vari elementi si arricchisce grazie alla presenza delle due figure femminili sulla sinistra, necessariamente destinate a spostare lo sguardo dal punto focale al primo piano. Colte nell’abbandono della luce serotina, in una posa del tutto spontanea e antiaccademica, esse sembrano l’espressione di quel sentimento della visione mentale che, nelle intenzioni dello stesso Costa, doveva filtrare l’osservazione del vero, ben diversamente e prima che, nel 1888, FrĂ©dĂ©ric Brunetière, sulla “Revue des Deux Mondes”, spiegasse le implicazioni simboliche di una frase di Amiel: “Un paysage est un Ă©tat de l’âme”.
Se nello sfondo montuoso è dato riconoscere uno scenario delle Alpi Apuane, è possibile immaginare che il dipinto appartenga al periodo in cui, nel corso del settimo decennio del XIX secolo, Nino Costa risiedette a varie riprese in Toscana, costituendo un valido punto di riferimento per i pittori macchiaioli.
Chiara Stefani
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