Sulla scia delle ormai classiche rassegne periodiche della Galleria Carlo Virgilio, dedicate col titolo “Quadreria” alla presentazione di episodi preziosi dell’arte del XIX secolo (sia pur con acute divagazioni nelle propaggini dei due secoli limitrofi), con questa mostra entriamo di peso in un periodo immediatamente successivo, laddove le precedenti per lo più terminavano.
Gli anni tra il 1910 e la Seconda guerra mondiale furono per l’arte europea il momento “eroico” del secolo, ove si forgiarono i linguaggi più innovativi e si posero le basi per le grandi elaborazioni successive, potremmo dire fino a oggi.
Si è voluto inoltre, come elemento singolare (a parte il diverso scorcio cronologico) rispetto alla classica struttura delle mostre della galleria, marcare l’attenzione esclusivamente sul contesto italiano, che senza dubbio è quello che nelle definizioni critiche del recente passato maggiormente ha sofferto di mancate sistematizzazioni e corrette valutazioni: non certo per caso, poiché vent’anni di quel lasso furono segnati politicamente dalla presenza ingombrante del fascismo, che legittimamente noi stessi (noi italiani intendo) preferivamo dimenticare piuttosto che archiviare, almeno fino a tempi piuttosto recenti. Ciò provocò, è ben noto, la perdita pubblica di fondamentali capolavori dell’arte del Novecento mondiale, perdita purtroppo in molti casi definitiva: da Boccioni, a Balla, a de Chirico metafisico, per citare solo i casi più eclatanti, ma anche ormai opere di artisti che, non acquisite nel passato, hanno raggiunto oggi quotazioni sui mercati nazionali e internazionali poco affrontabili dal nostro Paese in difficoltà (soprattutto di intenzioni riguardo ai Beni Culturali).
Seppure Parigi continua ad apparire oggi, a giochi fatti, il faro artistico ed estetico del mondo culturale della prima metĂ del XX secolo, fino a pochi anni fa non si sarebbe neanche sospettato che Roma (ma anche Milano, insieme e in dialettica con Roma) fosse, almeno alla pari con Berlino e Mosca, uno dei centri piĂą significativi dell’elaborazione artistica europea. Almeno alla pari, e certamente piĂą a lungo e con piĂą continuitĂ e pregnanza, visto che gli anni Trenta furono marcati in Germania e Russia da una violenta regressione dittatoriale e da una censura estetica fatale per lo svolgimento delle arti (non azzerate, certo – come mostrano artisti del calibro di Deneka o Breker, vocati agli stilemi totalitari – ma decisamente assai limitate nell’ampiezza delle loro possibilitĂ ); mentre in Italia non fu percepibile, almeno artisticamente, alcuna censura politica, lasciando liberamente fiorire artisti e movimenti di straordinaria qualitĂ e di originale presenza culturale europea. Finalmente invece quest’idea entra sempre piĂą profondamente nella consapevolezza critica internazionale. Artisti come Balla, Sironi, de Chirico, Severini, CarrĂ , Casorati, Morandi, Pirandello, Guttuso, Fontana, e qui interrompiamo l’elenco che diverrebbe troppo lungo; movimenti come il Futurismo (anche e forse soprattutto quello dopo il 1915), “Valori Plastici”, il Novecento, la Scuola di via Cavour e la Scuola Romana, il Muralismo; insomma, questa straordinaria varietĂ di motivi e di temi, di personaggi di prima grandezza e di movimenti, non hanno un paragone possibile con altri contesti europei, fuori Parigi.
Senza pretendere quindi una completezza che sarebbe impraticabile, per definire tutte le tendenze italiane nel piccolo spazio di una galleria, questa “Quadreria” vuole presentare degli episodi diversi attraverso dipinti preferibilmente poco noti o ritrovati, da mettere a confronto con capolavori viceversa celebrati, per mostrare quale livello di qualità aleggiasse in quegli anni nell’arte italiana. Un confronto in cui, lungi dal sembrare sminuiti, dipinti di artisti meno celebrati dialogano da pari a pari con alcune vette dell’arte europea: a dimostrazione di quanto fosse denso di aspettative, di elaborazioni estetiche arrovellate, di opere infine di altissima qualità il contesto italiano di quell’epoca.
Iniziando da Galileo Chini, esotico parallelo di Bonnard che alla fine dell’Ottocento proiettò definitivamente il gusto italiano nella modernità internazionale dell’Art nouveau, presente con un ritratto misterioso del re del Siam, e continuando con Balla e Depero, i grandi alfieri dell’ambientalizzazione dell’arte contemporanea (cioè di quella fatidica uscita dai confini asfittici del quadro, che è stato forse il maggior contributo estetico all’arte di tutto il XX secolo, fino a oggi), proseguendo attraverso Sironi e Oppi, campioni del Novecento milanese contrapposto al clima di “realismo magico” dei romani de Chirico, Donghi, Ceracchini e Carena, proseguendo nel confronto tra le due scuole romane degli anni Trenta, certamente il momento più alto dell’arte italiana di quel decennio, e terminando con un de Chirico eccezionale ed inedito, eseguito subito dopo la fine della Seconda guerra, le circa trenta opere presentano una realtà variegata e straordinaria. Le schede accurate ne delineano la collocazione nel contesto nazionale e internazionale, per cui rimandiamo ad esse piuttosto che accennare un percorso in questa introduzione che risulterebbe per forza giambico e incompleto.
Ma d’altra parte questa è non solo la tradizione di “Quadreria”, che non vuol essere esaustiva ma solo segnare un sentiero di gusto e di eccellenza determinato dal fascino e dalla qualità dei singoli pezzi; è anche la prova di una qualità così diffusa da lasciarci ancora il piacere di una sorpresa e di una scoperta, e di un auspicio che gli studi nazionali e internazionali portino presto a termine la colossale impresa di una rivalutazione dell’arte italiana di quegli anni, già a buon punto, ma lungi dall’essere definitiva.
di Fabio Benzi